Le “Life skills” diventano materia di studio: parte la sperimentazione nelle scuole
Dal prossimo anno le “Life skills” diventano materia di studio nelle scuole italiane. Prima la Camera e poi il Senato hanno dato il via libera alla proposta di legge sullo “Sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi scolastici”. Una sperimentazione che partirà dall’anno scolastico 2022/2023 e che durerà tre anni, al termine dei quali il Ministero dell’Istruzione dovrà relazionare in Parlamento sui risultati ottenuti. Ma a differenza dell’Educazione civica (materia divenuta obbligatoria con 33 ore di formazione annue per tutte le scuole di ogni ordine e grado dall’anno scolastico 2020/2021), l’apprendimento delle “competenze non cognitive” sarà attivato nelle istituzioni scolastiche che, singolarmente o in rete, aderiranno alla sperimentazione con specifici progetti autorizzati dagli Uffici scolastici regionali.
Alla valutazione dei progetti collaboreranno sia Indire che Invalsi. Al Ministero dell’Istruzione è affidato il compito di definire apposite linee guida da inviare alle scuole. Quando parliamo di “competenze non cognitive” dobbiamo fare riferimento alla direttiva del 1993 dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in cui si presentano le “Life skills” come quelle capacità umane, acquisite con l’insegnamento o l’esperienza diretta, utili per la vita.
Si tratta di dieci competenze e capacità che ognuno di noi dovrebbe possedere per affrontare le sfide che la società moderna ci pone davanti e, quindi, utili da apprendere anche a scuola. Ecco l’elenco di queste dieci capacità: saper risolvere i problemi, saper prendere decisioni, creatività, senso critico, autoconsapevolezza, capacità relazionali, comunicazione efficace, gestione delle emozioni, gestione dello stress ed empatia.
Grazie all’apprendimento delle “Life skills”, si legge nella proposta di legge, si punta a migliorare il successo formativo degli studenti, a favorire la cultura della competenza, ad integrare saperi disciplinari alle abilità fondamentali, a prevenire analfabetismi funzionali, ma anche a contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica.
“L’obiettivo di tutti noi – ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi – è garantire l’effettivo e pieno sviluppo di ogni giovane. Questo provvedimento contribuisce a costruire una scuola che mira alla formazione di qualità, per tutti e per ciascuno, e allo stesso tempo è luogo di relazioni. Una scuola che educa cittadine e cittadini consapevoli delle proprie capacità e inclusiva”.