ICity Rank 2021: ecco le città più digitali d’Italia
Per la seconda volta di fila è Firenze la città più digitale d’Italia. Il capoluogo toscano, in testa con 937 punti nell’indice di trasformazione digitale, supera Milano (punteggio di 878) e Bologna (854), mentre nella top ten troviamo anche Roma Capitale, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Parma. Firenze raggiunge l’eccellenza soprattutto nel campo degli open data, del wifi, di IOT e tecnologie di rete e delle app municipali.
Il risultato è frutto dell’indagine sulla digitalizzazione delle città italiane condotta da FPA, società del gruppo DIGITAL360, intitolata “ICity Rank 2021” e presentata di recente in occasione di FORUM PA Città. Crescono, dunque, dal punto di vista del digitale quelle città che già in passato si erano dimostrate più innovative e che hanno sfruttato la pandemia come una spinta per accelerare questo processo. Dopo le prime dieci, in graduatoria si trovano gli altri comuni che hanno ottenuto buoni risultati in tutti gli indici della ricerca come Reggio Emilia, Palermo, Venezia, Pisa, Genova, Rimini, Brescia, Cremona, Prato, Bari, Bolzano e Verona.
Dalla 22esima posizione in poi, spiegano da Forum PA, troviamo una fascia intermedia in cui si colloca la maggioranza dei capoluoghi italiani: Pavia (23° posto), Siena (24°), Piacenza (25°), Napoli (26°), Lecce (27°), Vicenza (28°), Padova (29°), Ravenna (30°). In chiusura di classifica, invece, figurano città come Caltanissetta (88° posto), Potenza (89°), Fermo e Teramo (90°), Chieti (93°), Catanzaro (94°), Crotone e Benevento (95°), Cosenza e Rieti (97°), Trapani (99°), Caserta (100°), Nuoro (101°), Foggia (102°), Agrigento (103°), Avellino (104°), Carbonia (105°), Isernia (106°). Enna chiude la classifica al 107esimo posto.
Cosa valuta la ricerca? Il posizionamento dei comuni capoluogo nell’indice di trasformazione digitale. Un parametro che è ottenuto dalla media aritmetica di otto indici settoriali: disponibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, integrazione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wifi pubbliche e diffusione di tecnologie di rete.
Gli otto indici, evidenziano gli autori della ricerca, derivano dalla sintesi di 36 indicatori basati su 130 variabili e circa 14.000 dati elementari quasi interamente frutto di rilevazioni realizzate nell’anno in corso da FPA. Per Gianni Dominici, direttore generale di FPA, “le prime 22 città della classifica sono le ‘città digitali’, quelle che utilizzano in modo diffuso, organico e continuativo le nuove tecnologie nelle attività amministrative, nell’erogazione dei servizi, nella raccolta ed elaborazione dati, nell’informazione, nella comunicazione e nella partecipazione. Sono città che possono diventare ‘piattaforma’, creando le condizioni per lo sviluppo economico e sociale dei loro territori grazie al digitale. Nel gruppo più avanzato – aggiunge – si trovano soprattutto grandi città del Nord, ma non mancano eccezioni di piccole dimensioni, come Pisa o Cremona, e alcune città del Sud, come Cagliari, Palermo o Bari, che dimostrano come un uso sapiente del digitale possa modificare le tradizionali geografie dell’innovazione”.
Per quanto riguarda il Sud Italia, però, la ricerca evidenzia un ritardo nella trasformazione digitale dei capoluoghi meridionali che si collocano con più frequenza nella fascia bassa delle graduatorie. In difficoltà sono anche le città più piccole: i capoluoghi con meno di 50.000 abitanti hanno uno scarto complessivo del 25% rispetto alla media nazionale, ma ci sono realtà di media dimensione che fanno eccezione come il primo posto ottenuto da Pisa nelle piattaforme abilitanti, da Cremona nei servizi online o da Bolzano nell’IoT e tecnologie di rete.
Ora gli occhi sono tutti puntati sul PNRR e “in questa fase sarà fondamentale il ruolo delle realtà urbane” dice Andrea Rangone, presidente di DIGITAL360, il quale aggiunge che “le realtà più innovative vanno messe in condizione di sfruttare al massimo le loro capacità, mentre le più statiche dovranno essere sostenute per riattivarne le capacità di innovazione”.