Ciò che insegna la storia di Alibaba e dell’Internet cinese
No, i proverbiali 40 ladroni e men che meno le novelle di “Mille e una notte” qui non c’entrano. Alibaba, e non Alibabà, è la più grande azienda e-commerce del mondo, capace in un solo giorno – il famoso “Giorno degli Scapoli” che in Cina cade l’11 novembre – di vendere beni per 74 miliardi di dollari. Del gruppo Alibaba fanno parte fra gli altri Taobao, simile al nostro eBay, Tmall, concorrente di Amazon, il sito “tutto a un euro” Aliexpress e il portale Alibaba.com che, anche in Europa, è usato dalle imprese per entrare in contatto con possibili clienti professionali e fornitori.
Di Alibaba si è parlato molto nei mesi passati per via del ritiro forzato del suo fondatore Jack Ma e del conflitto in essere fra le grandi piattaforme locali e il governo cinese si è ancor di più scritto e analizzato per via delle regolamentazioni più stringenti che sono state prese quanto all’uso dei dati dei cittadini, del blocco delle quotazioni di tali società presso le Borse internazionali e dell’entrata nel capitale di alcune di queste da parte da parte di fondi riconducibili allo Stato: se si possono fare considerazioni anche di carattere geopolitico, è ancor più interessante notare, come ha fatto Massimo Gaggi sul Corriere, la preoccupazione che questo conflitto fa comprendere nei confronti dei processi di disintermediazione che inevitabilmente Internet innesca e della disruption che questo comporta agli assetti tradizionali dell’economia e della società. Quanto questo influisca sull’occupazione e sul consenso è fenomeno noto anche da noi, qui in Occidente.
Questi cambiamenti, peraltro paralleli ad una crescente attenzione antitrust nei confronti di BigTech anche in Europa e negli Stati Uniti, sono anche l’occasione per osservare più da vicino quanto le piattaforme cinesi siano però presenti anche nella nostra vita, non solo in relazione agli acquisti che possono essere fatti su siti quali Wish o Schein.
I siti e-commerce business-to-consumer del gruppo Alibaba sono per esempio molto usati dai grandi marchi del Made in Italy per raggiungere i consumatori cinesi e numerose sono le iniziative che l’Istituto Commercio Estero ha in essere per agevolarle. Non solo, anche il portale Alibaba.com è in misura crescente una fiera multi-settoriale sempre aperta – in mesi difficili per le missioni all’estero – usata dalle aziende italiane del settore manifatturiero ed alimentare per entrare in contatto con buyer internazionali.
La presenza su Alibaba.com, dopo anni in cui, in alcuni casi, è stata vista con diffidenza a causa della difficoltà ad emergere all’interno di un contesto nel quale l’ampiezza dell’offerta e la grande presenza di operatori cinesi non rende semplice differenziarsi e comunicare al meglio le specificità e l’eccellenza della propria produzione, sta infatti decollando: un buon esempio è dato dall’azienda dolciaria veronese Matilde Vicenzi che ha approfittato della soluzione offerta dalla piattaforma per realizzare un mini-sito in cui comunicare non solo gli aspetti commerciali ed amministrativi della sua attività, ma anche mettere in luce la storia e la qualità del suo prodotto.
Farsi trovare e sapersi posizionare correttamente su una piattaforma come Alibaba aiuta anche a qualificare al meglio le possibili richieste che verranno ricevute e per le quali è necessario strutturarsi così da rendere efficienti i processi di risposta, preventivazione, follow-up e recall. Proprio come una fiera, Alibaba.com è sia un ambiente dove allestire il proprio stand, sia un luogo dove sviluppare nuove relazioni, attraverso l’attivazione di contatti e la ricerca delle richieste di preventivo (“RFQ” o Requests for Quotation) per avvicinare nuovi possibili clienti.
Lo sapete quante città europee hanno più di un milione di abitanti? Quindici. E quante città cinesi? Centodue. L’ampiezza della popolazione è dunque una delle tante ragioni che hanno reso quel Paese fra i più avanzati nell’uso della Rete, del commercio elettronico, degli instant messenger: in Cina avvengono cose online che da noi prenderanno piede solo fra cinque anni. E, a monito del fatto che la diffusione della tecnologia non impedisce che persistano grandi differenze sociali, in Cina si può assistere alla consegna di un gioiello comprato online da parte di un fattorino in guanti bianchi, ma anche ad un mendicante che mostra un QR code per facilitare un gesto di carità.