Innovazione, ecco il piano per lo sviluppo della PA
La Pubblica amministrazione come motore di sviluppo e catalizzatore della ripresa del Paese. E’ la “visione” su cui punta il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale firmato lo scorso 10 marzo nella Sala Verde di Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Mario Draghi, il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. Che la PA sia parte integrante delle vite di tutti noi, lo evidenzia benissimo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando dice che “per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo”.
Il Patto per la PA non è solo “simbolico”, ma rappresenta un messaggio forte del Governo al Paese in un momento di forte criticità a causa della pandemia da coronavirus. Perché, afferma il ministro Brunetta, se “la PA funziona, è il primo presidio dei diritti dei cittadini: è il baluardo essenziale contro le disuguaglianze”. “La riforma della PA è la sfida delle sfide”, sottolinea ancora Brunetta che evidenzia come i punti chiave del testo siano “coesione sociale” e superamento del dualismo “pubblico-privato”.
Alla PA si richiedono nuove flessibilità, così come sta accadendo alle imprese private, seguendo tre “pilastri”: lavoro(gestione delle risorse umane), organizzazione e tecnologia. Quindi non puntando su nuove leggi, ma adattandosi ai mutamenti in atto e ai nuovi scenari in termini di resilienza e innovazione. Ed è lo stesso Governo a spiegare come “coesione sociale e creazione di buona occupazione saranno i pilastri fondamentali di ogni riforma e ogni investimento pubblico contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Nel patto si parla, inoltre, di formazione continua dei dipendenti (con politiche formative di ampio respiro), di strutturazione del “lavoro agile” non più come forme di emergenza, di produttività e orientamento ai risultati, di valorizzazione di specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze e conoscenze specialistiche e in grado di assumere specifiche responsabilità organizzative e professionali. Ma l’innovazione della PA passa anche e soprattutto dalle nuove tecnologie digitali grazie a ulteriori risorse ed investimenti mirati. Ecco, nello specifico, le novità principali del Patto che puntano a innovare la Pubblica amministrazione italiana:
- innovazione digitale;
- diritto alla contrattazione sullo smart working;
- diritto alla formazione continua;
- sblocco dei concorsi pubblici e procedure più snelle;
- nuovo sistema contrattuale che si avvicina a quello privatistico;
- nuova classificazione del pubblico impiego e inclusione di nuove professionalità;
- detassazione del salario accessorio;
- allargamento agli statali degli sgravi all’accumulo nei fondi pensione complementari;
- permessi e altre agevolazioni per il sostegno alla genitorialità;
- centralità dei “sistemi di partecipazione sindacale”.
Era stato già il presidente del Consiglio, Mario Draghi, a tracciare la rotta nel suo discorso al Senato parlando di una riforma che “dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini, aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati”. Ora si passerà alla fase operativa. Che sia la volta buona per innovare la PA italiana?