Fiocchi di grafene: il biomateriale perfetto?
Una nuova ricerca mostra che il nanomateriale agisce sulle sinapsi eccitatorie interferendo nello sviluppo di comportamenti di ansia nei vertebrati
Efficace, specifico, con azione temporanea e non dannoso: l’identikit del biomateriale perfetto sembra corrispondere a quello dei fiocchi di grafene, oggetto del nuovo studio condotto da SISSA – Scuola internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, Catalan Institute of Nanoscience and Nanotechnology (ICN2) di Barcellona e National Graphene Institute dell’Università di Manchester nell’ambito dell’iniziativa europea Graphene Flagship. Il nanomateriale ha infatti dimostrato di interagire con le funzioni del sistema nervoso dei vertebrati in maniera molto specifica interrompendo la costruzione di un processo patologico che conduce a un comportamento di ansia.
“Attraverso studi precedenti avevamo già evidenze dell’abilità dei fiocchi di grafene di interferire, quando somministrati a neuroni, con la funzionalità delle sinapsi eccitatorie, aderendo spontaneamente e per motivi fisici alle loro membrane. Attraverso questa interazione ne bloccano il funzionamento per un periodo transitorio – poiché vengono progressivamente eliminati – interferendo con il meccanismo di rilascio dei neurotrasmettitori presinaptici” spiega Laura Ballerini della SISSA, alla guida del team che ha condotto la ricerca ‘Graphene oxide prevents lateral amygdala dysfunctional synaptic plasticity and reverts long lasting anxiety behavior in rats’, recentemente pubblicata su Biomaterials, composto da Audrey Franceschi Biagioni, Giada Cellot, Elisa Pati, Neus Lozano, Belén Ballesteros, Raffaele Casani, Norberto Cysne Coimbra, Kostas Kostarelos. “Ci siamo chiesti se questo blocco delle attività sinaptiche fosse sufficiente per alterare un comportamento, in particolare un comportamento patologico che si sviluppa grazie ad una transitoria ipereccitabilità di alcune sinapsi.”
Questo risultato apre la strada al disegno di trattamenti della cosiddetta medicina di precisione attraverso l’uso di vettori artificiali.
L’analisi del comportamento
Per testare l’ipotesi, il team si è concentrato sul disturbo da stress post traumatico (PTSD) e ha condotto l’esperimento in due fasi, una in vivo e una in vitro.
“Abbiamo analizzato comportamenti di risposta di difesa che vengono evocati nei ratti in caso si avverta la presenza di un predatore, utilizzando l’odore dei gatti, che induce una memoria avversiva” spiega Audrey Franceschi Biagioni della SISSA, prima autrice dello studio. “Se esposto all’odore del predatore, il ratto attua una reazione di difesa, rintanandosi, e questa esperienza resta ben impressa nella memoria al punto che l’animale, messo nello stesso contesto anche sei giorni dopo, si ricorda dell’odore del predatore attuando lo stesso comportamento protettivo. Si tratta di un modello di comportamento conosciuto e già consolidato che abbiamo utilizzato per riprodurre un comportamento di stress. L’esposizione al predatore può modificare i collegamenti neuronali – un fenomeno che tecnicamente si chiama plasticità – e aumentare l’attività neuronale in una particolare zona dell’amigdala, un’area del cervello che ha quindi rappresentato l’obiettivo del nostro studio per testare gli effetti del nanomateriale”.
Laura Ballerini aggiunge: “abbiamo ipotizzato che i fiocchi di grafene, che sappiamo agire bloccando in maniera transitoria le sinapsi eccitatorie (senza causare infiammazioni, danni ai neuroni o altro), potevano essere iniettati nell’amigdala laterale durante il consolidamento della plasticità della memoria. Se il blocco delle sinapsi dovuto al nanomateriale fosse stato efficiente, il risultato sarebbe stato un’inibizione della plasticità e di conseguenza l’animale non avrebbe sviluppato lo stato d’ansia. E questo è quello che è successo: l’animale a cui sono stati somministrati i fiocchi di grafene dopo sei giorni ha “dimenticato” la risposta di ansia, riconvertendo il suo comportamento”.
La prova in vitro
In una seconda fase ci si è occupati di ripetere l’esperimento in vitro. “In vivo possiamo solo osservare i cambiamenti di comportamento e non è possibile valutare l’impatto dei fiocchi di grafene sulle sinapsi” spiega Giada Cellot, ricercatrice della SISSA e prima autrice dello studio insieme a Audrey Franceschi Biagioni. “La parte in vitro ha permesso di poter lavorare su un modello semplificato per studiare il meccanismo attraverso il quale i fiocchi di grafene possono interagire con i neuroni. Abbiamo lavorato con colture neuronali ottenute dalla regione dell’amigdala in cui si verifica la risposta allo stress e siamo riusciti a osservare che l’effetto dei nanomateriali era specifico sulle sinapsi eccitatorie e che una breve esposizione a questi nanomateriali poteva di fatto prevenire la plasticità patologica delle sinapsi.”
Un futuro da nanotools
Con questi risultati i fiocchi di grafene si confermano potenziali nanotools (strumenti biomedici composti da nanomateriale) che possono agire in maniera mirata e reversibile sull’attività delle sinapsi durante un processo patologico per interromperlo e che dunque potrebbero essere di aiuto per veicolare farmaci o per altre applicazioni nella medicina di precisione.