Dallo smartworking al nearworking: la “resilienza” delle città contro la pandemia da coronavirus
New York, Londra, Milano svuotate dalle “zone rosse”, dai lockdown e dal lavoro a distanza. Le grandi città del pianeta non stanno vivendo un bel momento a causa della pandemia che ha rivoluzionato orari e abitudini di cittadini e lavoratori pendolari mettendo in crisi il commercio e il mercato immobiliare.
Dai dati diffusi dallo Svimez, solo lo scorso dicembre, 45 mila persone hanno lasciato i grandi centri del nord Italia per tornare a lavorare nelle città del sud. Tanto che si è parlato di “southworking”. Milano, in particolare, ha perso più di 13 mila residenti nel 2020.
Ma, come diceva Einstein, è dalla crisi che nasce l’opportunità ed è così che gli esperti di mobilità, i manager cittadini, insieme ai sindaci e agli amministratori locali stanno pensando a strategie innovative per conciliare le nuove abitudini acquisite (da cittadini e lavoratori pendolari dopo un anno di pandemia) con le esigenze di mantenere vivi, attivi e produttivi i centri cittadini. A Milano, in particolare, il Comune ha deciso di puntare sugli spazi di coworking cittadini e sul “nearworking”, inteso come la possibilità di svolgere l’attività lavorativa in un luogo vicino casa.
Sono le novità principali introdotte dalle “linee di indirizzo per l’attuazione di proposte operative orientate al decongestionamento, alla desincronizzazione degli orari e a una migliore organizzazione dei tempi della città”, approvate dalla Giunta comunale. La nuova strategia coinvolgerà il personale del Comune di Milano e delle sue partecipate (parliamo di numeri che raggiungono le 15 mila unità).
Un provvedimento, spiegano dal Comune, che “nasce dalla volontà dell’Amministrazione di fornire una rapida ed efficiente risposta alle mutate esigenze dei lavoratori e degli abitanti della città in conseguenza del protrarsi della pandemia da Covid 19, nonché a favorire la ripresa delle attività socio educative e produttive presenti sul territorio”.
Si tratta di una nuova modalità di occupazione da sperimentare all’interno della pubblica amministrazione, con la possibilità di arrivare da casa a lavoro in soli 15 minuti. E Milano sarà la prima città in Italia ad applicare in concreto questa strategia. “L’obiettivo – ha dichiarato l’assessore alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive e Risorse Umane del Comune di Milano, Cristina Tajani – è quello di avvicinare il luogo di lavoro alla propria abitazione favorendo così lo sviluppo di quartieri non più dormitorio, ma con servizi e nuove attività commerciali con conseguente risparmio di tempo e di emissioni derivanti dagli spostamenti obbligati”.
Se la sperimentazione avrà successo, quella del “nearworking” potrebbe diventare una valida strategia utile a migliorare la vita della città e la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Quando partirà il progetto? Molto presto, già nei prossimi mesi, a cominciare dall’adozione del Piano Organizzativo del Lavoro Agile del Comune. Quest’ultimo prevede l’applicazione di una nuova flessibilità oraria in entrata e uscita, oltre a una nuova dotazione tecnologica e digitale per il personale per migliorare le performances e monitorare l’attività lavorativa volta a favorire una migliore qualità dei servizi erogati.
L’attività di nearworking si svolgerà in appositi spazi di proprietà del Comune di Milano e distribuiti in varie zone della città e all’interno di spazi di coworking già esistenti. Il processo sarà coordinato da una cabina di regia unitaria tra Comune, direzioni interne, società partecipate e le principali associazioni dei lavoratori. Tutte le azioni saranno supportate anche da una campagna di comunicazione istituzionale realizzata in collaborazione con Yes Milano, “per promuovere una nuova cultura del lavoro agile e degli spazi di coworking e nearworking”, fanno sapere sempre dal Comune.
Il lavoro agile è anche uno dei “focus” su cui ha intenzione di lavorare il Governo Draghi per rinnovare il comparto della pubblica amministrazione. Lo smartworking nella PA, infatti, è stato considerato come un vero test per centrare l’obiettivo di alzare il rendimento lavorativo del servizio pubblico. Il Premier Draghi, nel suo recente intervento alla Corte dei Conti, ha delineato alcune strade: personale statale più connesso e più giovane, più tutela per il “potere di firma”, più tecnologia per processare le informazioni sia all’interno che all’esterno della PA.
Il “dado è tratto”, dunque, e non si torna più indietro anche perché non sarà la fine della pandemia (che si spera arriverà presto) a ripristinare lo scenario “pre-covid”. A dirlo è un personaggio come Bill Gates. “La mia previsione è che la metà dei business travel sparirà, così come passeremo oltre il 30% dei giorni in meno in ufficio”, ha dichiarato il co-founder di Microsoft in una recente intervista alla CNBC e ha sottolineato anche come “ci saranno molti modi per lavorare da casa, la maggior parte del tempo”. Bill Gates è anche quello che aveva predetto anni prima, in un’altra intervista, lo scoppio di una pandemia globale. Non certo Nostradamus, ma pur sempre Bill Gates.