Quale lingua per la scienza? L’intervista a Maurizio Viezzi

 Quale lingua per la scienza? L’intervista a Maurizio Viezzi

L’impiego obbligato di una lingua, che per molti è una lingua straniera, facilita o ostacola la comunicazione? La produzione della conoscenza è limitata dalla rinuncia forzata alle prospettive offerte dalle lingue nazionali? La lingua unica può portare al pensiero unico? Perché la consueta, tradizionale realtà multilingue delle organizzazioni internazionali, con il suo necessario apparato di servizi di traduzione e interpretazione, non è applicabile anche alla scienza? 

Sono questi alcuni degli interrogativi legati all’uso dominante della lingua inglese in campo scientifico al centro del dibattito che si terrà a Trieste Next venerdì 25 settembre, dalle 18 alle 19.15, presso l’Auditorium del Museo Revoltella.

A tentare di dare una risposta saranno Giuliana Garzone, docente di Lingua e traduzione inglese dell’Università di Comunicazione e Lingue – IULM di Milano, Francisco Matte Bon, docente e rettore dell’Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT e Maria Luisa Villa, già docente di Immunologia presso l’Università di Milano. A moderare l’incontro Maurizio Viezzi, docente di Lingua e traduzione inglese dell’Università di Trieste, che cura l’evento nell’ambito del Festival.

In attesa della conferenza, abbiamo rivolto al prof. Viezzi alcune domande.

Il professor Maurizio Viezzi

Può aiutarci con degli esempi concreti a comprendere come la lingua possa determinare la nostra percezione della realtà, come designare cose e concetti in una lingua invece che in un’altra possa influenzare la nostra interpretazione di quelle cose e di quei concetti?

«Un primo esempio ce lo offre la pratica, in uso in molte scuole, di associare lingua straniera e materia (la matematica in inglese, la storia in francese, ecc.) designata dall’acronimo CLIL in inglese e dall’acronimo EMILE in francese. CLIL sta per Content and Language Integrated Learning (apprendimento integrato contenuti e lingua); EMILE sta per Enseignement d’une Matière Intégré à une Langue Etrangère(insegnamento di una materia integrato a una lingua straniera): in inglese è un’operazione di apprendimento; in francese è un’operazione di insegnamento.

Secondo esempio, preso dall’ambito sportivo. Sono in corso gli Internazionali di tennis a Roma. Il vincitore dell’anno scorso, Rafael Nadal, è chiamato ‘campione uscente’ dalla stampa italiana e ‘defending champion’ dalla stampa di lingua inglese: nel primo caso sembra si parli di un campione che non è o non sarà più tale; nel secondo si parla di un campione che difende il proprio titolo.»

Quanto si perde, nel dire e nel capire, quando si utilizza una lingua straniera?

«La lingua non è solo strumento di comunicazione, ma anche uno strumento di costruzione della conoscenza, non solo il mezzo con cui ci scambiamo le idee, ma anche il mezzo con cui le produciamo. E, come dice il matematico francese Lafforgue, il pensiero più creativo lo si produce nella lingua in cui si è maggiormente a proprio agio. Una lingua franca, una lingua internazionale è per molti, per definizione, una lingua straniera. E la competenza linguistica – la capacità di espressione e di comprensione – in una lingua straniera è spesso (quasi sempre) non ottimale.

Traduzione e interpretazione, traduttori e interpreti possono fornire molte soluzioni a questi problemi. Per il momento in versione umana, poi chissà.»

In un futuro prossimo potremo farci aiutare da robot traduttori e interpreti?

«Per l’interpretazione automatica ci vorrà probabilmente molto tempo, la traduzione automatica è invece a un livello molto più avanzato e viene già utilizzata anche con buoni risultati se accompagnata da adeguate operazioni di pre- e post-editing, ovvero con la preparazione del testo da tradurre e con la revisione del testo tradotto. Ciò vale in particolare per certi tipi di testo, come i testi tecnici, probabilmente Camilleri sarà sempre intraducibile per una macchina. Un uso indiscriminato e universale al momento sembra però davvero sconsigliabile. Facendo una ricerca su Google e immettendo il nome Grzegorz Cybulski (il nome di un ex atleta polacco) appare sulla destra dello schermo l’inizio della corrispondente voce di Wikipedia tradotta automaticamente dall’inglese. Si può così leggere che “Grzegorz Cybulski è un maglione lungo polacco in pensione”».

Professor Viezzi ci suggerisce un libro che ci accompagni alla conferenza?
«Me ne viene in mente uno solo: “L’inglese non basta. Una lingua per la società”, libro scritto qualche anno fa da Maria Luisa Villa».

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