Gli utenti social preferiscono la trasparenza: nasce il deinfluencing
Il nuovo trend che tutte le PMI dovrebbero conoscere
Ale Lorenzi, media buyer e consulente con clienti tra Europa, Stati Uniti ed Emirati Arabi spiega l’evoluzione del nuovo fenomeno social
I social network hanno rivoluzionato le nostre tendenze di acquisto e, ad oggi, il mondo degli influencer e delle campagne pubblicitarie online è diventato la nostra quotidianità.
L’approccio al consumo, grazie alle strategie di vendita applicate al contesto online, è cambiato radicalmente in seguito alla presenza sempre più massiccia e attiva degli utenti sui social network, Instagram o Tik Tok in primis.
Ma il mondo dell’influencer marketing, continua a cambiare, giorno dopo giorno.
Ale Lorenzi, punto di riferimento nel mondo del media buying in Italia, spiega infatti che “il mondo dell’Influencer marketing e quello del media buying sono uniti principalmente dal marketing. L’Influencer marketing è una delle strategie che può essere utilizzata da un media buyer per portare traffico su un determinato prodotto o influenzare il pubblico su un particolare servizio offerto. Può essere considerato una fonte di traffico al pari di una campagna pubblicitaria, così come gli influencer sono equiparabili ai testimonial delle campagne pubblicitarie tradizionali, che però adottano una forma di comunicazione diversa. La loro importanza ad oggi deriva dal fatto che se sono bravi nel catturare l’attenzione del proprio pubblico, riescono concretamente ad influenzarlo e a cambiare così le loro abitudini di acquisto”.
Ma con l’evoluzione dei social media in ogni forma e un pubblico social sempre meno passivo in termini di audience e interazioni, il mondo dell’influencer marketing ha visto nascere anche una tendenza contraria, il deinfluencing.
“L’influencer marketing vive una delle sue massime espressioni e sempre più aziende capiscono l’importanza di comunicare attraverso gli influencer. E’ da qui che, in realtà, nasce anche il suo fenomeno opposto: il deinfluencing. Se prendiamo in considerazione il panorama americano, dove c’è un’esposizione più massiccia e dove si vive il vero consumismo, il deinfluencing ha un respiro ancora più ampio, nonostante si stia sviluppando anche nel nostro Paese – racconta Ale Lorenzi – “Questo fenomeno nasce perché da un lato abbiamo tantissimi influencer e, in questo panorama sempre più vasto, ci sono professionisti che non seguono un’etica, non sono trasparenti con il proprio pubblico e iniziano a promuovere prodotti o servizi senza effettivamente verificare che siano validi. Questa è una problematica che viene segnalata molto spesso dalle community e, in realtà, è particolarmente visibile durante il Black Friday o nel periodo natalizio, quando le aziende puntano maggiormente sugli influencer per promuovere i propri prodotti o servizi.
Proprio perché nel marketing il pubblico sta cambiando e ha un ruolo sempre più importante, l’audience si è stancata di questa influenza continua e di chi promuove prodotti continuamente e senza trasparenza.
Il deinfluencing, in questo caso, ha il potere di mettere al centro gli utenti che diventano, così, influencer stessi. E’ un fenomeno che ha colpito anche diversi influencer, che magari desiderano ribellarsi alle metriche di dover influenzare un’audience a prescindere dalla qualità di un servizio o di un prodotto.
Con questo fenomeno, gli utenti e influencer consigliano solamente prodotti validi e che desiderano promuovere e, al contrario, raccontano o sconsigliano indirettamente quelli che sono i servizi o i prodotti da non acquistare.
E’ un fenomeno che nasce per tutelare il consumatore ed è nato proprio in un momento in cui il consumismo dilaga e sono crollati i poteri di acquisto degli utenti. L’obiettivo è proprio far capire agli utenti come spendere in modo consapevole e, soprattutto, consigliare loro unicamente i prodotti sui quali vale la pena investire. Diventa, quindi, un influencer marketing al negativo”.
E per le PMI, questo fenomeno potrebbe essere un nuovo strumento di marketing per poter raccontare la propria unicità, facendo emergere i propri servizi.
“Se un’azienda ha puntato sull’esclusività e la qualità di un prodotto o servizio, davanti al deinfluencing, vince rispetto agli altri competitor. Ma, allo stesso tempo, nel fenomeno del deinfluencing si classificano anche quelle aziende che non hanno prodotti o servizi altamente competitivi e che, quindi, non riescono ad emergere rispetto ai competitor – racconta Lorenzi – In definitiva, il deinfluencing può essere sicuramente uno strumento di marketing da utilizzare e giocare con il giusto timing. Con questa strategia, vinceranno le aziende che hanno a cuore i propri consumatori e che offrono ai clienti un prodotto esclusivo e di qualità. Il futuro? E’ un fenomeno nel marketing che andrà tenuto in considerazione e sotto controllo, perché il ruolo dell’utente sarà sempre più centrale e attivo”.