Lavoro, Gen X e Gen Z: due generazioni a confronto
Valori aziendali, flessibilità, feedback costanti e fame di opportunità sono i driver motivazionali della Generazione Z nella scelta di un posto di lavoro, mentre la Generazione X è maggiormente attratta dalla scalata professionale e dal salario
Orlandini, Reverse: “I nati tra il 1997 e il 2012 sono più consapevoli delle proprie opportunità, ma sono anche molto più sensibili alle problematiche ambientali, sociali ed etiche”
Una generazione che è figlia dell’altra, così vicine ma così diverse. Si tratta della Generazione X (dei nati tra il 1965 e il 1980) e della Generazione Z (dei nati tra il 1997 e il 2012), che in questi anni sta facendo il suo ingresso nel mondo del lavoro. Gen X e Gen Z si trovano quindi fianco a fianco in ambito professionale ma esprimono esigenze e priorità molto diverse e le aziende non possono non tenerne conto. Silvia Orlandini, People & Culture Manager di Reverse, società internazionale di Headhunting e Risorse Umane, fa luce sull’argomento illustrando le principali differenze tra le due generazioni e come le imprese sentano oggi moltissimo l’urgenza di adattare la propria offerta a questi cambiamenti nella ricerca e nel mantenimento del personale.
“Lo scenario del lavoro si sta profondamente trasformando e noi HR lo vediamo quotidianamente – dichiara Silvia Orlandini – L’emergenza sanitaria, la crisi finanziaria, l’instabilità della situazione internazionale e l’aumento del costo della vita hanno profondamente segnato la nuova generazione di professionisti che si approccia al lavoro in maniera molto diversa rispetto ai genitori”.
Gen Z: valori aziendali, flessibilità e multitasking. Ma anche fragilità
Il principale driver motivazionale per la Generazione Z nella scelta del lavoro è la condivisione dei valori aziendali. Diversità, inclusione e cambiamento climatico sono questioni molto urgenti per questi giovani, che si sentono responsabili del futuro del mondo e della società e sono quindi molto sensibili a queste tematiche nelle proprie scelte, non ultime quelle professionali.
“Lo vediamo già in sede di colloquio – racconta Silvia Orlandini – i candidati appartenenti a questa generazione arrivano al primo incontro preparati sui valori aziendali e vogliono ritrovarli nella presentazione dell’azienda da parte del recruiter. Non è per niente raro che una posizione lavorativa venga rifiutata perché il candidato non ritiene l’azienda in linea con i propri principi etici. Sostenibilità e politiche di inclusione sono quindi imprescindibili per le aziende che vogliono attrarre e trattenere questi giovani talenti. Ma non solo, per quanto siano molto consapevoli delle proprie scelte e delle proprie opportunità, la loro enorme sensibilità ai problemi del mondo li rende anche molto fragili e soggetti ad ansie e preoccupazioni. Non è un caso che lo psicologo aziendale sia così richiesto dalle politiche di welfare”.
Altri Must Have che la Gen Z considera ormai imprescindibili sono lo smart working e la flessibilità.
“Non chiedono nemmeno più la possibilità di lavorare in smart working, la danno per assodata – prosegue Orlandini – non si tratta più di un Nice to Have per loro ma di una vera e propria conditio sine qua non. Certo, sempre con criterio, chiaramente dipende molto dal ruolo e dalla posizione: è ovvio che, per esempio, un Responsabile di Produzione non potrà lavorare 5 giorni a casa lontano dallo stabilimento, e questo lo sanno anche loro, ma è importante dimostrare apertura in questo senso, laddove la professione lo consente”.
La Generazione Z è anche figlia di un cambiamento radicale nel percorso universitario. Dal rigido e definito vecchio ordinamento si è passati a percorsi di studi molto più flessibili e modulabili che permettono di integrare diverse facoltà e materie.
“Questo rende la mente dei giovani lavoratori estremamente aperta, non solo multitasking ma anche multi-topic, che è sicuramente una qualità utile sul lavoro, ma allo stesso tempo può causare una lieve mancanza di focus che va a braccetto con la loro enorme necessità di ricevere feedback continui dal proprio management. Del resto, i Gen Z sono nativi digitali e sono abituati con i social a interagire costantemente e una delle lamentele che riportano maggiormente rispetto ai propri ambienti lavorativi è riferita proprio alla mancanza di punti di riferimento”, conclude Orlandini.
Per concludere, i talenti della Generazione Z danno le dimissioni con molta più facilità rispetto alle generazioni precedenti e per questo occorre proporre loro nuovi stimoli, nuove opportunità, una mobilità interna frequente, progetti diversi anche extra business, come attività di volontariato. Sono sì una generazione molto attenta all’equilibrio tra vita privata e professionale, ma non le vedono come due dimensioni necessariamente scisse, piuttosto come un continuum tra due parti equilibrate dello stesso insieme che si completano a vicenda.
Gen X: stabilità e crescita professionale
Se per la Gen Z il principale driver motivazionale è la condivisione dell’etica e dei valori aziendali, per la Gen X questo è rappresentato dal percorso di carriera e dalla scalata aziendale. Questo è valido sia per i tempi contemporanei, in cui gli appartenenti a questa generazione si trovano tendenzialmente ad avere una lunga esperienza lavorativa, sia nel passato, quando, alla stessa età che hanno oggi i Gen Z, si approcciavano alla carriera lavorativa.
“Parlo anche per esperienza personale in quanto nata nel 1980 – commenta Silvia Orlandini – quando ero giovane e compivo i primi passi nel mondo del lavoro, tra i miei coetanei c’era molta meno sensibilità e consapevolezza rispetto a temi come la sostenibilità o l’inclusività e sicuramente non guidavano le nostre scelte lavorative. Allo stesso modo, oggi, i lavoratori nati tra il 1965 e il 1980 hanno già compiuto le scelte principali che riguardano la propria carriera e, se scelgono di cambiare azienda, lo fanno principalmente per un avanzamento di carriera o per un miglioramento di retribuzione”.
Rispetto alla Gen Z inoltre, la Generazione X tende a separare nettamente la vita privata da quella lavorativa, è cresciuta timbrando il cartellino, senza avere il cellulare aziendale e l’accesso alle e-mail da casa e oggi fatica di più ad adattarsi ad una condizione lavorativa sempre più ibrida.
“Per questa generazione dare le dimissioni era un atto estremo, e ancora oggi è molto difficile per loro prendere questa decisione – prosegue Orlandini – Sono abituati ad adattarsi, a scendere a compromessi e a lavorare in modo indipendente senza per forza avere un costante confronto con colleghi e superiori”.
Si tratta di una generazione cresciuta con l’idea che il posto di lavoro durasse per sempre, che il contratto a tempo indeterminato fosse per la vita ed è per questo che ancora adesso predilige molto di più la stabilità rispetto ai continui nuovi stimoli.
“In generale non so dire se tutte le aziende siano pronte a lavorare con i Gen Z – conclude Silvia Orlandini – Quello che so, è che riscontriamo un’attenzione molto alta sul tema da parte delle aziende che supportiamo nei processi di recruiting. Ci sono imprese sicuramente molto più al passo con questi cambiamenti e altre che faticano un po’ di più. La differenza la fa la vision del management, la capacità di immaginare il futuro dell’azienda, il desiderio di sperimentare, riflettere e interrogarsi sulle proprie procedure, formulandone di nuove al passo con i tempi che non devono essere necessariamente dirompenti e di rottura con il passato”.