Dimissioni e fine del mito del posto fisso: i candidati scelgono il proprio benessere
Negli ultimi 12 mesi ha cambiato lavoro il 76% dei Millennials ed il 28% della Generazione X. In meno del 10% dei casi, però, la retribuzione è stata un fattore decisivo nella scelta.
Da parecchi mesi si fa un gran parlare del fenomeno del “Great Resignation” che potremmo definire come crescita, per certi versi esponenziale, del numero di persone che decidono di lasciare il proprio lavoro, in alcuni casi senza avere già pronta una alternativa e – con una certa frequenza – facendo scelte professionali non in linea con quanto, fino ad oggi, viene considerato normale.
“Non dobbiamo pensare – precisa Orazio Stella, senior partner di Loriga&Associati, società di ricerca e selezione – che questo fenomeno sia riconducibile ad un’idea astratta di aprire, come spesso sentiamo dire, un chiringuito su una spiaggia tropicale, ma è legato alla volontà, sempre più concreta e tangibile, di cercare (e trovare) un lavoro maggiormente in linea con le proprie ambizioni personali, i propri valori e le priorità di ciascuno. Ed è questo l’aspetto sui cui le aziende e i manager dovranno concentrarsi: fino a pochi anni fa, il lavoro era il mezzo attraverso il quale generare il reddito necessario a soddisfare I propri bisogni materiali. La propria realizzazione professionale era sicuramente importante, ma in qualche modo considerata meno prioritaria. Oggi, ed in futuro lo sarà sempre di più, non è così: le persone in generale, e quelli nati dal 1990 in misura ancora maggiore, sono molto meno disponibili a negoziare la propria realizzazione personale e professionale e a scendere a compromessi, anche a fronte di una retribuzione interessante”.
Lo stipendio, da solo, non basta più: cosa dovranno fare le aziende? I numeri parlano chiaro: secondo una recente indagine, negli ultimi 12 mesi ha cambiato lavoro il 76% dei Millennials ed il 28% della Generazione X. In meno del 10% dei casi, però, la retribuzione è stata un fattore decisivo nella scelta.
Manager e imprenditori saranno chiamati a costruire una relazione che vada ben al di là del mero scambio tempo – stipendio. Dovranno, quindi, strutturarsi con competenze specifiche – almeno fino ad ora raramente presenti in azienda – soprattutto in ambito Risorse Umane e Organizzazione per evitare di perdere i migliori talenti e, di conseguenza, rischiare di compromettere il proprio business. Rivedere le priorità, dunque, sarà fondamentale: un eventuale aumento dello stipendio potrà anche essere un elemento trainante e motivante, ma deve essere affiancato a una serie di iniziative che aiutino a preservare il benessere delle persone, il loro equilibrio vita professionale – vita privata e consentire di inserire il lavoro in un complessivo progetto di vita, che aiuti a completare la propria realizzazione personale.
“Non dobbiamo immaginare – aggiunge Orazio Stella – che, nei prossimi mesi, quasi la totalità dei lavoratori darà le dimissioni, perché sarebbe ovviamente una affermazione esagerata, priva di fondamento e fuori luogo. Il mercato del lavoro è certamente in gran fermento e non mancano le opportunità di cambiamento, soprattutto per coloro che sono alla ricerca del proprio benessere. Dobbiamo tenere a mente due aspetti che reputo fondamentali: il primo è legato ai valori personali che, se non incontrano quelli aziendali, portano un numero maggiore rispetto al passato di persone a guardare altrove; il secondo, invece, è probabilmente un retaggio degli ultimi due anni segnati dall’emergenza Covid-19 ed è legato al cambio di priorità individuali. Per evitare questi disallineamenti, dunque, le aziende dovranno ridisegnare il loro modo modello di business: più flessibilità, maggiore responsabilità etica, ambientale e sociale, valutazioni delle performance basate sul raggiungimento di obiettivi e non sul tempo trascorso in ufficio. Solo in questo modo domanda e offerta potranno incontrarsi”.