Festival della Diplomazia: l’Ordine di Malta ospita focus su tradizione e innovazione
Tradizione e innovazione, connessione e interconnessione. Tutto nel segno della flessibilità, indispensabile per poter operare con efficacia in un contesto internazionale in profonda trasformazione. Ieri sera Villa magistrale del Sovrano Ordine di Malta ha ospitato “Eppur si muove. Tradizione e Innovazione”, iniziativa inserita all’interno del calendario eventi del Festival della Diplomazia, in corso a Roma. L’evento, moderato da Stefano Polli, vice direttore Ansa, ha visto la partecipazione di Stefano Ronca, Segretario Generale per gli Affari Esteri dell’Ordine di Malta; Daniele Verga, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei diplomatici a riposo; Alex Zarfati, Managing Director ISAY; Giorgio Barlomucci, segretario generale del Festival della Diplomazia e Ilaria Pellegrini, Mobility Management, ACEA.
Il dibattito ha acceso i riflettori sui grandi cambiamenti che hanno segnato la società negli anni, offrendo l’occasione di indagare le novità introdotte dall’innovazione anche nella tela delle relazioni internazionali nel segno della tradizione e della memoria.
Dai cucchiai di metallo all’Ospedale di Gerusalemme: l’Ordine di Malta offre l’esempio più alto di resilienza e capacità di adattarsi ai cambiamenti. “È l’Istituzione millenaria che ha saputo cambiare e interpretare al meglio il tempo che stiamo vivendo” ha spiegato l’Ambasciatore Stefano Ronca che ha aggiunto: “Scienza, cultura e flessibilità hanno sempre accompagnato lo spirito dei cavalieri dell’Ordine nei 900 anni della sua storia. L’evento che avrebbe potuto segnare la sua fine, la perdita di Malta nel 1798 conquistata da Napoleone, ha creato invece un’opportunità. Oggi l’Ordine ha una struttura globale per l’assistenza umanitaria dedicata al sevizio degli ammalati e dei poveri e nel segno della pace e della giustizia. Si pensi ad esempio all’ospedale di Gerusalemme dove ogni anno nascono 4000 bambini di origine musulmana, uno spirito umanitario dal forte accento interreligioso”.
L’innovazione ha cambiato la comunicazione e di conseguenza anche il lavoro del diplomatico. “Una volta i sovrani si conoscevano attraverso le valutazioni dei rispettivi ambasciatori che avevano il monopolio della diplomazia – ha spiegato Daniele Verga – oggi invece siamo alla diplomazia digitale con i ministri che si parlano al telefono e twittano”.
Cambiano i mezzi con cui si comunica e ci si informa, come ha evidenziato Alez Zarfati nel suo intervento che con la sua agenzia ISAY analizza la comunicazione social di circa 84 paesi nel mondo per capire i trend complessivi che interessano la diplomazia digitale. Tra i fenomeni studiati sicuramente la disintermediazione è quello che ha le ricadute più complesse. “È utile in contesti particolari come in quei paesi che non hanno rapporti diplomatici, ad esempio Israele e Iran – ha affermato Zarfati – usano gli account social in lingua farsi per rivolgersi direttamente alla popolazione. In questo modo le persone comuni diventano esse stesse ripetitori di informazione, “ambasciatori” assieme agli influencer, imprenditori e sportivi. Nelle relazioni tra gli utenti e attraverso i social però – ha ammonito – si corre il serio rischio che a vincere non sia la verità ma la narrazione migliore”.