Il futuro di smart working e lavoro ibrido secondo la web conference di The Innovation Group
Per far fronte alla gestione del lavoro durante il periodo di emergenza sanitaria, il settore pubblico e quello privato hanno applicato su larga scala modelli ibridi con attività in presenza e da remoto. Questa modalità ha consentito di governare in maniera più agile la situazione contingente e si è rivelata idonea non solo a muoversi in un contesto in continua evoluzione ma anche a promuovere più autonomia dei gruppi di lavoro, a favorire la sostenibilità ambientale e il bilanciamento tra vita privata e lavorativa.
Con la fine dell’emergenza e il conseguente progressivo rientro dei lavoratori in presenza, la domanda che ci si pone è se smart working e lavoro ibrido siano stati solo una risposta alla situazione pandemica oppure se abbiano dato il via ad un radicale cambiamento dell’organizzazione e gestione delle attività lavorative nei vari settori.
Questo è stato il tema a cui si è ispirata Come gestire il “ritorno al lavoro”? Smart working e lavoro ibrido, la prima delle Web Conference del 2022 che The Innovation Group, società di servizi di consulenza e di ricerca di mercato indipendente, specializzata nello studio delle evoluzioni del mercato digitale, ha organizzato giovedì 21 aprile nell’ambito del percorso che porterà al DIGITAL ITALY SUMMIT di ottobre.
L’incontro, presentato e moderato da Roberto Masiero, Presidente di The Innovation Group, si è sviluppato su tre sessioni con l’intento di far luce, nell’ordine, su: le nuove dimensioni del lavoro ibrido; tecnologie, infrastrutture e organizzazione nelle esperienze delle imprese; ed infine le esperienze nel pubblico.
In apertura è stato illustrato un primo quadro sintetico dei risultati della Digital Business Transformation Survey condotta proprio da The Innovation Group ad inizio anno su un campione di 213 aziende e organizzazioni pubbliche italiane. Secondo l’indagine, per il 2022 ci si aspetta una riduzione del ricorso allo smart working rispetto al 2021: una media del 46% di lavoratori da remoto contro il 57% atteso in sede. Dati questi che comunque dimostrano la valenza strutturale della tendenza al lavoro ibrido nel medio-lungo periodo.
Le nuove dimensioni del lavoro ibrido
Secondo il sociologo Domenico De Masi, il cui intervento ha dato inizio alla prima sessione della web conference, il periodo pandemico è stato un esperimento planetario, una sorta di cartina al tornasole delle intelligenze aziendali pubbliche e private. Per ventiquattro mesi abbiamo potuto sperimentare il lavoro da remoto e imparare da questa nuova situazione. Molteplici sono stati i cambiamenti avvenuti non solo per quanto concerne l’organizzazione del lavoro, ma si è trattato di una rivoluzione che ha interessato, per esempio, anche il mercato edilizio in termini di locali ed edifici occupati dalle sedi lavorative e la dislocazione del commercio come il consumo dei pasti e il ritorno ai negozi di prossimità. Per De Masi non ci sono dubbi, i vantaggi dello smart working superano gli svantaggi. Lavorare a distanza ha permesso di preservare l’economia, l’ambiente, la salute, il lavoro, la scuola. Le persone hanno potuto sperimentare un miglior bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa. Anche dal lato della produttività i risultati sono buoni, con incrementi interessanti nella PA: su 100 dipendenti 10 hanno prodotto di meno, 40 hanno prodotto uguale e 50 hanno prodotto di più. È stata anche un’occasione per le organizzazioni sindacali di capire la portata di questa rivoluzione e la necessità di andare a regolamentare in modo più efficace lo smart working che, in base alle nostre leggi, è facoltativo, è reversibile, e deve incontrare il consenso sia dell’azienda sia del lavoratore. Per la digitalizzazione in Italia sono disponibili 50 mld da impiegare per raffinare l’esperienza fatta in questi lunghi mesi e all’interno delle organizzazioni sarà necessario un cambio di mentalità da parte dei capi per passare da un approccio di controllo diretto dei propri collaboratori ad un controllo per obiettivi.
Per Valentina Frediani, CEO di Colin & Partners, c’è bisogno di andare verso un nuovo sistema di regole. Allo scoppio della pandemia si è generato un equivoco: i dipendenti sono stati messi in massa a lavorare da casa senza che si fosse tenuto conto dell’esistenza di una normativa sullo smart working, ovvero la Legge n. 81/2017.
Non dobbiamo dimenticare che l’Italia è un paese fatto principalmente da PMI e quindi, mentre le grandi realtà si sono adeguate con maggiore velocità e più agevolmente, i piccoli e medi imprenditori si sono trovati disorientati. L’adozione dello smart working richiede di essere affrontata in modo strutturale, con nuove modalità di organizzazione lavorativa, cosa che molte aziende non hanno fatto. Un tema che ha spaventato e ha messo a dura prova le aziende è stato anche quello della gestione della cybersecurity.
Per Frediani è auspicabile fare più formazione sulla normativa esistente al fine di superare il disorientamento e far progredire le aziende per abituarle, per traghettarle e non lasciarle a se stesse. È necessario riallineare i regolamenti aziendali. Bisogna formare i vertici aziendali su questi concetti, è un cambio di paradigma che va gestito.
A chiudere la prima sessione della web conference è stato il contributo della psicologa Vittoria Pietra, la quale ha illustrato le dimensioni psicologiche legate alla pandemia.
In primis c’è un dato drammaticamente rilevante: i soggetti appartenenti alla fascia d’età 0-18 anni, sono coloro che hanno subìto di più gli effetti del lockdown. Secondo un’indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria in nove regioni italiane, i dati relativi agli accessi di minori al pronto soccorso per disturbi neuropsichiatrici parlano di un aumento significativo pari a +84%. Inoltre è stata riscontrata una crescita degli accessi per “ideazione suicidaria” (+147%) seguiti da depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78,4%). La pandemia ha fatto pensare che in questa globalizzazione se si vuole scappare non c’è più un luogo. Le persone che si rivolgono agli psicologi chiedono di cambiare se stesse e c’è un ritorno a tecniche di meditazione, di respiro, alla mindfulness.
Pietra ha anche posto l’accento sul fatto che al giorno d’oggi manca, a livello interpersonale, un elemento importantissimo che è quello della fiducia, che purtroppo è stata demolita in modo particolare dal dilagare delle fakenews. In più, secondo la psicologa, noi occidentali, per gestire la complessità del contesto presente e futuro e anche delle organizzazioni, dovremmo sviluppare un approccio più orientale. In occidente siamo inclini a semplificare le cose ma così facendo le appiattiamo. Ciò che dovremmo fare è imparare a convivere con la complessità, a stare nella complessità rendendola facile e non semplice.
Tecnologie, infrastrutture e organizzazione nelle esperienze delle imprese
Un esempio emblematico di come la pandemia abbia rivoluzionato nel giro di poche ore l’organizzazione dell’erogazione del servizio di informazione pubblica, è stato efficacemente illustrato dall’intervento di Massimo Rosso, ICT Director della RAI, primo ospite della seconda sessione della web conference. A marzo 2020, da un giorno all’altro, l’azienda ha dovuto permettere a migliaia di dipendenti di lavorare da casa garantendo la continuità del servizio pubblico nel rispetto delle norme. Sono state create rapidamente postazioni virtuali per poter lavorare da PC personali e si è proceduto all’attivazione di piattaforme di comunicazione e collaborazione a distanza. Grande attenzione è stata posta al potenziamento delle infrastrutture di rete e all’accesso da remoto in sicurezza. Secondo Rosso occorre un piano integrato per favorire il lavoro agile, serve un piano politico, economico, sociale, ambientale. È inoltre necessario uscire dall’idea di ragionare sul singolo dipendente. Remotizzare i team di lavoro fa la differenza. La sua visione riguardo il futuro è che siamo ormai in un mondo ibrido, ma abbiamo concetti del passato traslati nel presente, concetti che è bene superare. Ci dobbiamo abituare a lavorare in costante, continua crisi rispondendo non con un atteggiamento reattivo bensì proattivo. Per il manager RAI occorre potenziare le infrastrutture per una riorganizzazione all’interno delle aziende, puntare sul new tech con la consapevolezza che queste tecnologie saranno sempre più ibride.
Anche secondo Alfredo Valentini, Responsabile Relazioni Industriali di COMAU (Gruppo Stellantis), e secondo relatore ad intervenire in questa sessione, è importante lavorare sul cambiamento strutturale. L’emergenza ha fatto sì che in COMAU si realizzasse un cambio di passo. Sono infatti stati ridisegnati e ottimizzati gli spazi, sono state create aree di coworking, è stato attivato un sistema di prenotazione della postazione lavorativa per quando si è in presenza, sono state messe a disposizione phone room per telefonare nel rispetto della privacy e aree riunione dotate delle tecnologie adeguate. L’85% delle persone può lavorare fuori sede con connessioni rete o via telefono, unico vincolo è che il 20% dell’orario di lavoro venga effettuato in sede. Di fatto nel gruppo Stellantis già nel 2016 era stato applicato il lavoro agile, ma era limitato ad aree ristrette come per esempio l’IT con un solo giorno a settimana da casa. Successivamente, nel 2017, in COMAU l’azienda aveva avuto la possibilità di sperimentare lo smart working con un gruppo di 15 ingegneri che si occupavano della produzione di esoscheletri e con le organizzazioni sindacali era stato stipulato un accordo per l’applicazione della legge sul lavoro agile. Nel 2018 questo accordo era stato inserito per l’intero gruppo Stellantis ma di fatto mai applicato su larga scala. Poi però la situazione verificatasi in marzo 2020 ha fatto sì che si passasse da una condizione di scelta ad una di necessità e che quindi si arrivasse a fare del lavoro ibrido una modalità di lavoro usuale.
Le esperienze nel pubblico
A portare per primo la propria testimonianza per quanto concerne il settore pubblico, è stato Michele Bertola, Direttore Generale del Comune di Bergamo, Presidente di ANDIGEL e autore del libro “Persone fuori dal comune”. A Bergamo avevano già cominciato a sperimentare lo smart working nel 2016 portando una visione diversa di concepire il modo di lavorare. Con l’attività da remoto vanno infatti rivisti i concetti della sicurezza sul luogo di lavoro, di orario lavorativo, va rivista la tipologia di strumentazione utilizzata, vanno cambiate le regole. Per Bertola non è possibile affrontare con strumenti vecchi le novità, le nuove modalità lavorative, vi è la necessità di nuove norme, nuovi contratti.
Secondo Massimo Bisogno, Direttore Ufficio Speciale per la Crescita e la Transizione Digitale, della Giunta Regionale della Campania, la pubblica amministrazione è riuscita a far fronte ad una mole di attività aggiuntive che hanno letteralmente e forzosamente investito il settore pubblico negli ultimi ventiquattro mesi. La pandemia va vista come un’opportunità che deve consentirci di cambiare l’organizzazione del lavoro. Per Bisogno la PA sul versante IT può realmente cambiare in poco tempo a patto di realizzare sistemi che vedano il cittadino e gli erogatori del servizio nelle stesse condizioni di facilitazione, di semplificazione. Per arrivare al vero lavoro agile occorre un mix di strumenti in cui è senza dubbio cruciale il fattore umano supportato da buon senso e da elementi quali: security by design, cloud by design, soft skill e competenze digitali. Dal punto di vista del manager campano sei sono gli aspetti di cui fare tesoro e che andrebbero portati dall’emergenza all’ordinario: capitalizzare l’esperienza della pandemia, comprendere l’importanza della centralità del dato, fare innovazione, supportare le direzioni nel cambiamento, ridefinire i ruoli e razionalizzare la tecnologia.
Differente è stata invece l’esperienza di ACI (Automobile Club d’Italia) che, durante i ventiquattro mesi di emergenza, ha mantenuto gli sportelli sempre aperti con personale presente a rotazione. Luigi Francesco Ventura, Direttore Risorse Umane ed Organizzazione di ACI, ha riassunto l’approccio allo smart working con tre parole chiave: formazione, organizzazione e tecnologia. Guardando al futuro, secondo il manager è necessario confrontarsi su logiche del lavoro agile di tipo strutturale ibrido con attenzione alle realtà territoriali e lavorando sul tema dell’organizzazione. Ciò si traduce in attivazione di multicanalità di offerta di servizio al cliente, eliminazione di attività non core business affidandole ad altre strutture territoriali, per esempio centralizzandole a livello regionale, realizzando una ridistribuzione delle attività di back office. Per Ventura, contribuire a raggiungere risultati positivi per tutti è rappresentato dal giusto mix della compresenza di lavoro in ufficio e da remoto.