L’indagine di “Parole O_Stili”, insieme a Ipsos, Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e con il contributo di Fondazione Cariplo, dal titolo “Alfabetizzazione digitale & Fake News”
Il digitale è il principale veicolo di diffusione delle fake news, ma può diventare anche il primo strumento per combatterle. Dipende dall’uso che ne facciamo. Ma esiste questa consapevolezza? Pare ancora di no ed è anche per questo motivo che il Consiglio d’Europa ha proclamato il 2025 come anno dell’educazione alla cittadinanza digitale. Secondo una indagine di “Parole O_Stili” (movimento che si occupa di sensibilizzazione sull’utilizzo delle parole), insieme a Ipsos, Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e con il contributo di Fondazione Cariplo, dal titolo “Alfabetizzazione digitale & Fake News”, i social media sono il veicolo principale della disinformazione. La ricerca ha coinvolto oltre 4.800 studenti di scuole secondarie di primo e di secondo grado ed è stata “condotta con una metodologia innovativa”, affermano gli autori, “poiché non solo è stata rilevata l’auto-percezione degli e delle adolescenti in merito alle loro competenze digitali, ma è stata proposta la visione di fake news certificate come tali ed è stato indagato, in tempo reale, il loro comportamento al riguardo”.
Giovani e fake news
Partiamo da un punto fermo: le “notizie vere” non sono necessariamente quelle che si avvicinano ai nostri gusti. I dati principali dell’indagine, invece, dicono che il 51% utilizza WhatsApp, Instagram e TikTok come fonti di informazione, mentre quasi un giovane su tre mette un like alle fake news sui social, anche se il 70% ritiene di saper riconoscere una fake news. Le ragazze condividono il 61% in più di fake news rispetto ai ragazzi, mentre i giovani del Sud Italia hanno tassi di like e condivisione più elevati rispetto al Centro e al Nord. Per fortuna, l’80% dei giovani ritiene che la scuola dovrebbe fornire strumenti per riconoscere le fake news (3 intervistati su 4 cercano di fare fact checking su fonti affidabili). E questo è compito di discipline come la “media education” (prevista anche nelle ore di Educazione civica) e di insegnanti (formati bene) su questi temi. Inoltre, i giovani considerano un “comportamento grave” la condivisione di notizie sui social senza averne prima verificato la veridicità, e cresce la consapevolezza sul fatto che le notizie (anche false) sulle piattaforme influenzano opinioni e comportamenti delle persone. La ricerca ha rilevato che, in media, il 31% dei giovani utenti mette like alle fake news presentate, mentre una percentuale molto minore (pari al 7%) le condivide, suggerendo una netta distinzione tra engagement passivo e attivo. Delle 10 fake news proposte, il 73% degli studenti non ne condivide nessuna, mentre il 5% è responsabile di quattro o più condivisioni. Per i like, la distribuzione è più uniforme: il 35% non ha mai messo like, mentre il 34% ne ha messi quattro o più. La buona notizia è che tra i fattori che influenzano maggiormente la possibilità di contribuire al diffondersi delle fake news, il principale è il tempo che si trascorre sui social media: infatti, chi usa i social 3-4 ore al giorno condivide 5,5 volte più fake news e mette 12 volte più like rispetto a chi invece li usa meno di un’ora.
Uso dei social
Sempre nell’indagine è emerso che 9 studenti di scuola media su 10 hanno un account social, mentre quasi un under 14 su 2 (il 46%) è presente su TikTok e Instagram. Il 74% usa i social per relazionarsi con gli amici e i conoscenti. Il 69% è attratto dalla possibilità di leggere e vedere i post dei propri contatti. Il 51% ammette di utilizzarli spesso come canali di informazione per leggere notizie di interesse.