IA e istruzione, non bisogna temere il progresso ma governarlo
Ha fatto molto discutere la notizia della nascita in Inghilterra della prima classe affidata interamente all’intelligenza artificiale. L’esperimento formativo è partito al David Game College di Londra, dove 22 studenti seguiranno un corso che costerà più di 30 mila euro per prepararsi a sostenere il GCSE (General Certificate of Secondary Education), un esame che gli alunni inglesi affrontano a 16 anni. Le attività didattiche saranno svolte con visori per la realtà virtuale e ogni studente avrà un profilo di studio personalizzato in base alle sue capacità, ma in aula ci saranno comunque dei tutor a supervisionare il percorso. Bisogna avere paura dell’uso dell’IA nell’istruzione? A mio parere, no. Finché la tecnologia sarà controllata dall’uomo e non viceversa. Finché sapremo evolverci ed apprendere nuovi percorsi, ogni strada intrapresa può rappresentare un’opportunità. Ogni volta che l’umanità si trova ad affrontare una nuova sfida in termini di progresso, ricordiamoci sempre il mito della caverna di Platone.
Anche nel settore dell’istruzione e della formazione, infatti, si può beneficiare dell’IA, purché se ne faccia un uso etico e corretto che metta al centro l’uomo e non la stessa tecnologia. E su questo punto l’Europa ha tracciato una strada importante grazie all’AI Act, che stabilisce regole e confini da non superare. D’altronde, fermare una tecnologia come quella dell’intelligenza artificiale nei percorsi di istruzione, sarebbe come voler bloccare l’uso della calcolatrice per continuare, invece, a fare i conti a mano o fermare l’uso del computer per il lavoro o per lo studio. Il progresso va governato e non osteggiato.
La sperimentazione sull’IA è partita anche in Italia già da questo anno scolastico anche se con metodi completamente diversi rispetto all’Inghilterra. Lo ha ribadito a Cagliari il ministro dell’istruzione Valditara lo scorso 17 settembre durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico. Sono 15 le scuole coinvolte di Calabria, Lazio, Toscana e Lombardia. Il progetto durerà due anni. Al termine sarà l’Invalsi a valutare i risultati confrontando i livelli di apprendimento ottenuti negli stessi istituti dalle classi in sperimentazione con quelle dove si è proseguito con la didattica tradizionale. Se i risultati risulteranno positivi, la sperimentazione potrà essere estesa dal 2026 a tutte le scuole italiane. “Siamo uno dei primi Paesi a sperimentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per potenziare la didattica. – ha detto il ministro Valditara – Questo è un passo importante per migliorare la qualità dell’istruzione e preparare gli studenti al futuro”. E ha ribadito, comunque, la necessità di trovare un equilibrio circa l’uso della tecnologia. Proprio per questo il Ministero ha vietato l’uso dei cellulari in classe fino alla terza media.
Nel frattempo, il dibattito su come l’IA debba entrare nelle nostre vite si allarga. Dallo studio internazionale “Ipsos AI Monitor”, condotto in 29 paesi, emerge come gli entusiasti e i preoccupati dell’impatto di questa nuova tecnologia si dividano quasi a metà. Il 37% degli intervistati, invece, teme che l’intelligenza artificiale amplificherà la disinformazione.
E in Italia? Il 51% dei cittadini, sempre secondo questa ricerca, mette la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica al terzo posto tra le priorità da affrontare. Mentre il dibattito si allarga, il progresso continua inesorabile la sua marcia. Proprio in questi giorni OpenAI (la casa madre di ChatGpt) ha annunciato di aver pronto un modello di intelligenza artificiale in grado di ragionare e di apprendere sempre più velocemente dai suoi errori. Si chiama “01” ed è stato addestrato per replicare il pensiero umano, utilizzando un sistema di ragionamento e di apprendimento che gli permette di risolvere problemi sempre più complessi riducendo gli errori al minimo. Insomma, il futuro è qui: viviamolo da protagonisti e non da semplici spettatori.