Tendenze food: cosa dobbiamo aspettarci nel 2023?
Ritorno a tradizioni più o meno ancestrali, condivisione, ibridazione e metaverso: quali sono le novità che dobbiamo aspettarci a tavola nei prossimi 12 mesi? Come di consueto TheFork, in collaborazione con NellyRodi, ha delineato i 7 trend che daranno forma alle nostre esperienze culinarie nel 2023.
Tradizioni “primitive”
Ricette e tecniche del passato tornano in auge con l’obiettivo di salvare il know-how dei nostri antenati. Diventa di tendenza così la cucina primordiale con un ritorno della cottura alla brace anche al ristorante. Braise a Parigi, o Brat a Londra stanno riprendendo le tecniche di cottura del fuoco primordiale per offrire ai loro commensali un’esperienza diversa basata sulle tradizioni più primitive. Anche in Italia esplodono i locali che mettono al centro la brace, seguendo le orme di successi consolidati e di lunga tradizione, uno per tutti Andreina a Loreto.
Il ristorante come luogo di socializzazione
Dopo il grande ritorno di bistrot, brasserie e broderie di città dove si onorano piatti tradizionali e conviviali, locande e agriturismi sono i nuovi luoghi di condivisione, vacanza, degustazione e cultura perché portano al centro l’elemento della convivialità. Crescono in città e fuoriporta le iniziative speciali che trasformano l’esperienza al ristorante in occasioni di socializzazione intorno alla tavola così come i social dinner. A Milano per esempio c’è Dry Aged che nelle sue tre sale articola diverse opzioni per vivere il ristorante in compagnia, dal tavolo in condivisione alla sala privata per festeggiamenti e celebrazioni.
La ricerca dell’autosufficienza
Se da una parte in Italia si assiste a uno spopolamento delle campagne, nelle città c’è una ricerca di uno stile di vita maggiormente a contatto con la natura: la tendenza della vita di quartiere comporta una crescita dell’agricoltura urbana e dell’autosufficienza locale. Secondo un’analisi della Coldiretti e in base ai dati del rapporto ISTAT sul verde urbano 2021, negli ultimi 5 anni in Italia si è registrato un aumento degli orti urbani del 18,5% superando i 2,1 milioni di metri quadrati occupati, questo comporta un maggior sapere agricolo anche in città e una ricerca di autenticità nel piatto. L’idea è che tutti abbiano facile accesso a prodotti freschi e ben fatti che sono il risultato di un saper fare tradizionale. Un esempio emblematico è il ristorante Marennà il cui orto, lavoro in divenire, sorge sulla collina di fronte alla cantina e rappresenta un racconto immediato della straordinaria ricchezza del loro territorio.
La festa delle culture
Con la globalizzazione, le idee e la cultura viaggiano veloci. Le persone cercano quindi anche di non dimenticare il proprio patrimonio culturale e le proprie tradizioni. In cucina questo si traduce in due fenomeni solo in apparenza contrastanti. Il recupero delle ricette “della nonna” da un lato, ben rappresentato da ristoranti come Chic Nonna, novità premiata dai TheFork Awards e portata avanti da Vito Mollica, che celebra anche nel nome il sapere dei nostri avi. Dall’altra i ristoranti che diventano luoghi di integrazione, pensiamo sempre nell’ambito dei ristoranti premiati dai TheFork Awards ad Azotea ristorante di cucina Nikkei di Torino.
Il bisogno di condivisione
Dopo anni di distanziamento sociale, le persone vogliono riprendere il contatto umano, condividere, scoprire e sperimentare. Al ristoratore è chiesto di accogliere, condividere il suo vissuto e il suo sapere attraverso luoghi, piatti conviviali e storytelling. Il pubblico premia gli chef che sanno raccontare il territorio e raccontarsi, valorizzando le materie prime del contesto in cui sono collocati e raccontando anche i produttori attraverso una cucina sincera, genuina e sostenibile al punto che i ristoranti e gli chef assumono anche il compito di educare la comunità a mangiare meglio e nel rispetto dell’ambiente. La riscoperta della natura si traduce anche nella scelta di ingredienti poveri e nutrienti. Chi ben rappresenta questa dimensione di narrazione territoriale è il ristorante Casa Gallo a Pompei che da generazioni attinge alle materie prime locali per portare in tavola piatti della tradizione campana dai sapori autentici.
Parola d’ordine: social media
Il settore dei ristoranti sta conquistando i social media. 5 millennial su 10 hanno ordinato cibo o visitato un ristorante dopo averlo visto su TikTok, mentre il 38% delle persone sta viaggiando molto lontano da casa per provare il cibo consigliato da questo stesso social. In questo contesto maturano nuove e originali tendenze, anche su social ormai più consolidati, per esempio su Instagram c’è una maggior ricerca di verità e genuinità nell’estetica del piatto a vantaggio del sapore. Il Web 3.0 per esempio potrebbe diventare un veicolo per accedere a esperienze esclusive via i non fungibile token, mentre le stampanti in 3D per il cibo iniziano a prendere piede. Un esempio di ristorante che sfrutta la tecnologia NFT l’espressione della cucina giapponese in Abruzzo Oishi Japanese Kitchen che attraverso l’acquisto di un gettone virtuale che permette di accedere a una serie di attività esclusive quali un menù degustazione dedicato, piatti particolari, sconti riservati, possibilità di pagare in cripto valute e accedere a una community per restare in contatto diretto con lo staff e la proprietà.
Una cucina etica
Etica e sostenibilità sono oggi una priorità anche nella cucina. Se si parla di sostenibilità ambientale in senso stretto, oltre a una ristorazione vicina al territorio si sviluppa una ricerca scientifica che elabora nuove soluzioni per ridurre l’impatto ambientale dell’industria alimentare. La startup californiana Air Protein per esempio ha creato un’alternativa alla carne chiamata Air Meat, composta da microbi che trasformano l’anidride carbonica riciclata in proteine. Il prodotto mira a replicare il sapore e la consistenza dei veri prodotti a base di carne. Alcuni scienziati e ricercatori stanno già cercando modi per produrre cibo una volta che non ci saranno più terreni coltivabili. Arina Shokouhi, laureata alla Central Saint Martins, ha inventato un’alternativa all’avocado chiamata Ecovado, progettata per allontanare le persone dall’acquisto di cibo importato ad alta intensità di risorse. Una nuova attenzione all’etica è posta anche al lavoro all’interno dei ristoranti per creare condizioni appetibili per i giovani che si avvicinano a queste professioni. La cucina diventa uno strumento di integrazione della diversità e un laboratorio sociale per progetti di reinserimento come nel caso di ristoranti quali Etico Food a Roma e Pizzaut a Milano.