Il “social time” di Sblind: il primo social network che limita la dipendenza digitale
Si chiama Sblind il primo social network geolocalizzato, senza algoritmi di profilazione e senza contenuti aggressivi, violenti o irrispettosi. Una startup a livello globale che vuole accogliere i milioni di utenti che oggi considerano importante e forse vitale, la tutela ed il rispetto della propria identità digitale, affermano gli ideatori.
Sblind è articolato su 3 grandi pilastri di “social responsibility”. Il primo riguarda un decalogo di norme e regolamenti nei confronti degli utenti che prevede, tra le altre cose, la mancata cessione dei dati degli iscritti a terzi, l’assenza di algoritmi di profilazione per mappare i gusti o le scelte, il non inserimento di cookies di terze parti o di cookies pubblicitari, la validazione di ogni singolo contenuto e la decisione di non mappare alcun comportamento in App.
Il secondo si basa sulla valorizzazione delle relazioni e dei territori con un approccio “kmzero”, nel coinvolgimento di persone, luoghi ed eventi. Il terzo, infine, punta sulla scelta responsabile di un “social time” che garantisca e limiti la potenziale dipendenza digitale, stabilendo un tempo massimo di utilizzo del social. Un po’ come accade nel film di Steven Spielberg, “Ready player one”, in cui è possibile giocare nel metaverso di “Oasis” solo tre volte alla settimana.
Un upgrade che getta le basi per un utilizzo socialmente responsabile e costruttivo di un social network, dicono da Sblind, con la limitazione automatica dell’app che rappresenta “il primo esempio concreto di Sostenibilità Digitale al mondo”, aggiungono. Essere social, spiegano da Sblind, vuol dire in primo luogo contribuire ad una qualità sociale che possa migliorare la vita e le relazioni e che rispetti in primis la libertà e la personalità dell’individuo.
“Si tratta della prima dichiarazione globale di Social Digital Responsibility – dichiara Francesco Bertuletti, AD e cofunder di Sblind – L’obiettivo non è quindi la condivisione generalizzata per accumulare visual o followers nel mondo, ma creare un tessuto di condivisione che sia utile, positivo e costruttivo per l’intera comunità con la quale ci relazioniamo”. “Quando parliamo di Identità Digitale – spiega Bartoletti – ci riferiamo a quella serie di azioni che ogni giorno mettiamo in atto nel mondo digital che unite tra loro tracciano una sorta di profilo virtuale del nostro io e del nostro modo di agire, permettendo così la costruzione appunto della nostra Digital Identity”. “L’attuale proposta social – conclude Bertuletti – inizia a vacillare sulla percezione degli individui che qualcosa non funzioni come dovrebbe. Si intravedono scivolamenti verso soluzioni e progetti diversi, più specifici, più coerenti al proprio stile di vita. Chi non vorrebbe un social più rispettoso dell’individuo? Chi non desidera per il futuro delle prossime generazioni un’indipendenza di pensiero? Chi non rifiuta una schiavitù da algoritmo?”. La versione beta di Sblind è stata lanciata ad aprile 2021 con quasi 1.000.000 di visualizzazioni singole e 24.000 contenuti caricati.