Didattica digitale integrata e metodologie innovative: la pandemia cambia la scuola
Nel 2021 il 68,6% degli insegnanti in Italia ha sperimentato con frequenza la didattica a distanza, mentre quasi la metà ha optato per la didattica ibrida (48,2%) e quella alternata (45,2%). I dati emergono dalla prima parte dell’indagine “Impatto della pandemia sulle pratiche didattiche e organizzative delle scuole italiane nell’anno scolastico 2020/21”, realizzata da Indire. L’obiettivo della ricerca era quello di analizzare l’andamento della didattica nel corso delle varie fasi della pandemia, caratterizzata da momenti di chiusura forzata e da un numero rilevante di studenti e docenti in quarantena.
L’indagine è stata condotta attraverso un questionario online rivolto a un campione selezionato di 2.546 docenti a tempo indeterminato, non di sostegno. Di questi, 1.994 sono femmine e 552 maschi; il 26,8% fa parte della scuola primaria, il 20,3% della scuola secondaria di primo grado e il restante 52,9% della scuola secondaria di secondo grado. Il 38% ha un’età compresa tra i 44 e i 55 anni. A livello geografico, il 20,1% è del nord ovest, il 26,7% del nord-est, il 17,4% del centro, il 35,8% del sud e Isole.
Lo studio ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’uso della tecnologia, gli spazi adottati, i contenuti e il curricolo, l’organizzazione e la leadership scolastica, la collaborazione con altre scuole, la valutazione e la formazione. A differenza del primo lockdown, nella primavera 2020, in cui la chiusura totale delle scuole ha condotto all’attivazione della didattica a distanza (DaD) come unica modalità di interazione tra i docenti e gli studenti, nell’anno scolastico 2020/21, a seguito delle diverse ondate della pandemia e delle misure anti-Covid previste dai vari Decreti, si è diffusa la didattica digitale integrata (DDI) come modalità complementare – e non alternativa – alla presenza.
A livello di metodologie, facendo riferimento alle Linee Guida della Didattica Digitale Integrata del Ministero dell’Istruzione per l’anno 2020/21, emerge come nel corso della pandemia siano state ampiamente utilizzate dai docenti metodologie didattiche innovative e interattive come il Project-Based Learning, la Flipped classroom, il Debate, l’Apprendimento cooperativo, la Didattica breve, che erano tra quelle raccomandate dal Ministero. Alcune di esse, precisa Indire, erano già adottate anche prima della pandemia. Nonostante l’uso sempre più esteso di device e supporti tecnologici per la didattica, il libro di testo non perde il suo primato. Dall’indagine emerge come nella scuola primaria, il 53,9% dei docenti l’abbia utilizzato “sempre” e nel 39,7% “spesso”. Nella nella scuola secondaria di primo grado, le percentuali sono rispettivamente del 49,3% e del 38,5%, mentre nella secondaria di secondo grado sono del 46,8% (“sempre”) e del 38,4% (“spesso”). Il report di Indire evidenzia anche come le risorse didattiche utilizzate nella scuola primaria dalla maggioranza dei docenti comprendano (oltre al libro di testo” anche “contenuti digitali o espansioni digitali dei libri di testo, contenuti scansionati provenienti da altri libri di testo, contenuti digitali autoprodotti per le lezioni, contenuti provenienti da fonti informali, contenuti provenienti da spunti educativi offerti da webinar o altre iniziative di formazione”. “L’indagine non è da intendersi come esaustiva della complessità vissuta in questo ultimo anno – sottolineano da Indire – ma rappresenta una prima analisi, che avrà ulteriori sviluppi, da cui poter far emergere delle riflessioni in merito a soluzioni didattiche e organizzative adottabili in futuro”.