Il rapporto tra videogiochi e gioco d’azzardo nella prospettiva dei giovani gamer
Alcuni studi scientifici hanno messo in evidenza come l’industria dei videogiochi stia incorporando meccaniche simili al gioco azzardo con il rischio che i videogiochi diventino per adolescenti e giovani un canale di accesso privilegiato al gioco d’azzardo. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi europei, in Italia questo tema non è stato ancora regolamentato.
Con l’obiettivo di far luce sul fenomeno, il 25 ottobre scorso sono stati presentati i risultati di un’indagine affidata a IRES e condotta con Eclectica, nell’ambito del Piano regionale di contrasto al gioco d’azzardo della Regione Piemonte.
Per analizzare in profondità, con metodi qualitativi, le percezioni e le opinioni dei giovani giocatori di videogiochi (gamer) su somiglianze e differenze tra gaming e gambling, sono stati condotti 6 focus group online che hanno coinvolto 29 gamer piemontesi frequentanti la scuola secondaria superiore (classi I-IV).
I risultati, consentono di scoprire l’approccio dei ragazzi e delle ragazze al mondo dei videogiochi. Ad esempio, alla domanda “Perché si gioca?”, le risposte principali sono state per:
- divertirsi
- passare il tempo
- socializzare e non sentirsi soli
- apprendere
- sentirsi liberi di essere se stessi
- esprimere la propria creatività
- evadere dalla realtà
- rilassarsi
“I videogiochi possono suscitare moltissime emozioni, belle come una sensazione di cooperazione quando si gioca di squadra, o di commozione quando si finisce un gioco molto lungo che emoziona, con una storia importante, che è come guardare un film o leggere un libro” ha commentato Francesco. Mentre Martino ha risposto: “La cosa che i videogiochi fanno sempre male non è vera, anzi molti ispirano la creatività, molte volte giocare ai videogiochi aiuta a migliorare a prendere scelte in modo rapido”.
Quali sono invece gli aspetti che accomunano videogiochi e giochi d’azzardo? La necessità di spendere denaro (microtransazioni), il prevalere del rischio sulla bravura (loot box), l’esistenza di giochi identici a quelli a cui si può giocare anche d’azzardo (social casinò) e la capacità di indurre dipendenza.
Lungo poi l’elenco dei rischi percepiti in relazione a videogiochi:
- perdita denaro
- sviluppare una dipendenza
- perdita del senso del tempo
- emozioni negative: rabbia distruttiva vs ripiego su se stessi, chiusura
- autosvalutazione
- elevata accessibilità (soprattutto in riferimento ai minori)
- normalizzazione dell’aggressività e della violenza
- ritiro sociale, disturbi antisociali
- rischi fisici: perdita dell’acutezza visiva, fotosensibilità, tic nervosi
- rischi informatici: violazione account, estorsioni di denaro
Cosa farebbero poi i gamer nei panni dei genitori? Informarsi maggiormente sui diversi tipi di videogiochi, tenere conto dei lati positivi dei videogiochi (apprendimento, socialità…), essere disponibili all’ascolto, prestare più attenzione all’uso dei dispositivi mobili da parte dei bambini e giocare insieme ai figli.
Continua Francesco: “Se fossi padre, insegnerei non soltanto a giocare ai videogiochi ovviamente, come a leggere un libro o a guardare un film, insegnerei la potenza di avere la possibilità di usare tutti questi mezzi qua. Prendere il buono di tutto”. Gli fa eco Massimo: “Se ad esempio tutta la classe del figlio gioca a Fortnite, magari si possono informare e capire se è un gioco che va bene, perché poi alla fine negando i videogiochi si inibisce un po’ il rapporto con i compagni di classe, le relazioni sono sempre connesse ai videogiochi”.
La ricerca ha il merito di distruggere anche qualche stereotipo legato a questo mondo: i giovani gamer, ad esempio, riconoscono che i videogiochi, al pari dell’azzardo, comportano dei rischi, che riguardano in particolare la perdita di denaro e la salute mentale (dipendenza, scatti di rabbia, isolamento sociale…); sono consapevoli che i rischi non dipendono solo dal contesto e dalla singola persona, ma anche da meccaniche di gioco progettate apposta per tenere il giocatore agganciato il più possibile; non sono passivi di fronte ai rischi ma mettono in atto strategie di autoregolazione e resistenza e sono in grado di esprimere notevoli capacità di riflessione critica, che possono essere molto utili per interventi di promozione della salute e di policy.