Smart Working per non tornare alla vecchia PA
Nessuno si sarebbe aspettato che nel 2020, di colpo, una pandemia mondiale modificasse profondamente le nostre abitudini, i nostri ritmi di vita familiare e lavorativa. Una sciagura che però ci ha costretti a fare molti passi in avanti sul fronte digitale, sia in ambito privato che, soprattutto in quello pubblico.
Gli enti pubblici hanno necessariamente dovuto correre ai ripari stravolgendo il modo di lavorare dei propri dipendenti e implementando nuove strategie che hanno permesso alla PA di rimanere attiva e funzionante anche nei momenti peggiori dovuti ai vari lockdown del nostro Paese.
Dal marzo 2020 il termine smart working ha iniziato a circolare prepotentemente anche in ambito pubblico dove quella che prima veniva vista come una modalità lavorativa impossibile da implementare è diventata la modalità principale degli Enti pubblici in un momento così complicato.
In effetti il termine smart working o lavoro agile non rispecchiano realmente quella che è stata la realtà di questo ultimo anno e mezzo nella Pubblica Amministrazione, infatti il termine corretto è remote working cioè la traslazione dell’ufficio dalla sede al proprio domicilio attraverso sistemi di VPN, atro termine diventato ormai comune nella PA, che ha permesso di lavorare da casa come se fossimo in presenza.
A questo cambio obbligato di modalità lavorativa si è necessariamente dovuto affiancare un’implementazione delle competenze digitali dei dipendenti pubblici che, mediamente, sono passati da un utilizzo claudicante del pc e della mail aziendale a padroneggiare sistemi avanzati di videoconferenza, condivisione di documenti attraverso il cloud e utilizzo delle app più disparate per poter restare in contatto con colleghi e datore di lavoro creando così delle modalità lavorative più agili e immediate.
Un salto in avanti epocale in qualche mese che ha costretto tutti a progredire, a formarsi e auto formarsi, a rivedere modalità e flussi lavorativi che magari negli anni si erano calcificati, a responsabilizzarsi.
Per la maggior parte dei dipendenti pubblici il lavoro agile in emergenza è stato come un calcio nel sedere che ha permesso di uscire dal torpore, di rimettersi in gioco. Una sorta di pillola rossa di Matrix che fa vedere il mondo con una nuova prospettiva e che apre nuove strade, in primis quella della digitalizzazione vera della PA e del lavoro basato su obiettivi e non sulla presenza in ufficio.
Non dimentichiamo anche quanto questa modalità abbia migliorato la conciliazione famiglia/lavoro permettendo ai dipendenti di passare più tempo assieme alla propria famiglia.
Siamo ancora lontani dal mettere a sistema il vero smart working, quello che si basa sul portare a termine obiettivi specifici concordati con il datore di lavoro e che dovrebbe diventare lo step successivo al remote working in emergenza. Un sistema strutturato che aumenti ulteriormente le competenze, l’autonomia e la produttività dei dipendenti pubblici a tutto beneficio dell’utente finale, il cittadino.
Abbiamo, quasi inconsapevolmente, dato il via a una vera rivoluzione della Pubblica Amministrazione e sarebbe davvero un peccato, a questo punto, scegliere la pillola blu e ritornare al punto di partenza.