Transizione digitale: un percorso da condividere
Come siamo messi con i servizi digitali? Le infrastrutture IT del paese sono affidabili? I cittadini italiani hanno un buon grado di alfabetizzazione digitale?
Abbiamo visto nel recente rapporto DESI che Il punteggio italiano sulla digitalizzazione è pari a 43,6 mentre la media europea è 52,6 con ben 9 punti di scarto. L’Italia quindi non spicca in Europa per essere un paese avanzato in termini di innovazione e tecnologia, ma è proprio così? Non stiamo poi messi così male, prendiamo spunto da quanto fatto ad esempio sul fronte della comunicazione digitale per migliorare il rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione. La maggioranza dei Comuni italiani utilizza (bene) i social media e le piattaforme di Instant messaging per fornire informazioni utili e aggiornate e per dialogare con i propri cittadini. Il percorso costruito negli anni dall’Associazione sulla Nuova Comunicazione, Pa Social, ha portato il nostro paese ad essere uno dei più avanzati sul fronte della comunicazione pubblica venendo preso come esempio e studiato a livello internazionale.
Sul fronte delle infrastrutture si sta facendo molto. L’implementazione, ancora in corso, della BUL, la banda ultra larga, su tutto il territorio nazionale permetterà una diffusione capillare della connessione internet con performance di tutto rilievo e la proliferazione di servizi digitali in tutte le regioni italiane, fino ad arrivare anche ai piccoli paesi di provincia, permettendo ai cittadini di scegliere il territorio da cui lavorare senza preclusione alcuna. Lo ha già dimostrato il fenomeno dei city quitters, ossia quelli che hanno scelto di ritirarsi dalle grandi città è lavorare, da remoto, in territori più vivibili e meno congestionati. Anche questo è stato possibile grazie alle infrastrutture italiane che, per quanto se ne dica, hanno saputo reggere nel momento più difficile e inaspettato, con l’arrivo del Covid e del remote working forzato per milioni di persone. La rete nazionale ha tenuto, sia quella cablata che quella cellulare, senza tentennamenti e blackout.
Le aziende pubbliche, negli ultimi due anni, hanno fatto un salto in avanti sul fronte del digitale, come non era mai successo prima, allargando le vedute e rivedendo, almeno in parte, modalità di lavoro vetuste e anacronistiche. Quelle private, più lungimiranti, hanno saputo spingere sul pedale dell’innovazione, rimettendosi in gioco e investendo su formazione, innovazione e infrastruttura per riuscire a mantenere la competitività e galleggiare in un mercato divenuto ancora più complesso e dinamico. Lo smartworking è passato da sperimentazione di piccoli gruppi di dipendenti a modalità principale di lavoro agile, permettendo di affrontare la situazione pandemica ma, allo stesso tempo, di migliorare il tempo vita/lavoro delle famiglie, strizzando l’occhio alla sostenibilità ambientale.
Anche il nostro Governo ha imparato che la trasformazione digitale è un processo da affrontare in modo strutturato e urgente. Una sostanziosa percentuale degli aiuti economici derivanti dal PNRR è stata riservata al processo di innovazione digitale del paese, i Ministeri hanno iniziato a lavorare in sinergia e non più per compartimenti stagni, capendo che il processo di trasformazione va costruito assieme, dove il Ministero del Lavoro dialoga e interagisce con quello dell’innovazione, quello della Transizione Ecologica e quello della Pubblica Amministrazione in un progetto che vede il paese al centro.
Ma cosa manca ancora? Di sicuro manca la consapevolezza nelle persone su quanto questo processo di transizione digitale sia utile e necessario. Manca la consapevolezza di quanto i servizi digitali possano migliorare la vita quotidiana dei cittadini. Manca un base di alfabetizzazione digitale per far si che tutti possano trarne beneficio. Mancano strutture e figure diffuse sul territorio dedicate all’affiancamento dei cittadini nel processo di transizione digitale per far sentire che lo Stato è vicino anche ai meno avvezzi all’utilizzo della tecnologia. La transizione digitale deve essere un processo condiviso, spiegato, raccontato giorno per giorno e non un qualcosa di astratto e lontano dalla popolazione.
Bene quindi tutto ciò che si sta facendo per modernizzare e far tornare in forma il nostro paese, ma non scordiamoci per chi lo stiamo facendo.