Genitori vs Influencer: il film che racconta come utilizzare i social per riallacciare i rapporti
Il giorno di Pasqua erano tutti incollati su Sky, è stato il debutto più visto: ben 604 mila spettatori medi e 1 milione di contatti. Quindi la domanda è d’obbligo: cosa c’è in “Genitori vs influencer” che piace tanto?
Roma, il quartiere Garbatella per essere precisi, fa da sfondo al rapporto tra il prof. Paolo Martinelli, alias Fabio Volo, e sua figlia Simone, interpretata da Ginevra Francesconi. Il triangolo si chiude con l’influencer Ele-O-Nora, ovvero Giulia De Lellis.
La trama è sintetizzata dalla parabola di consapevolezza del padre single e professore: da duro e puro anti-influencer a influencer calzato e vestito. L’unico e vero obiettivo iniziale del protagonista è quello di avvicinarsi alla figlia, capire il mondo digitale nel quale è immersa e condividerlo, vivendolo insieme. I social rappresentano a un certo punto della commedia il reale canale di dialogo che si era perso e che è stato ricostruito. Ovviamente il film si arriverà poi al paradosso (no spoiler), ma quello che “Genitori vs influencer” vuole approfondire è anche un’analisi – per nulla banale – di tutti i meccanismi sia sociologici che di marketing sottesi alle strategie dei social.
Svelare i trucchi delle piattaforme digitali sembra quasi essere il vero obiettivo del film diretto da Michela Andreozzi: come aumentare i propri follower? Come evitare di perderli? Come fare business con il proprio profilo? Qual è la vera sostanza della visibilità sui social? Come diventare un social media manager o un influencer?
“Ragazzi, cosa devo fare per farvi stare un’ora senza telefono? Vi devo dare il metadone?” chiede ironico il prof. Martinelli alla sua classe, disinteressata alla lezione in corso, ma continuamente affascinata da quegli schermi luminosi. Oltre al tema scolastico, il film sfiora anche altri argomenti come il cyberbullismo (“verba volant, ma social manent”), l’isolamento sociale degli hikikomori, l’omosessualità. E poi l’amicizia, l’amore, l’adolescenza. Fino ad arrivare al cuore del problema: “Forse il problema non è il telefonino…”. Già, il problema non è il telefonino in sé, ma quello che manca intorno.
Il film sembra procedere parallelamente: da un lato la vita del condominio in cui vivono il padre e la ragazza fatta di “zii” e “zie” boomer sempre presenti affettivamente e dall’altro il mondo ovattato dei social, un mondo di specchi che riflettono solo alcune immagini. Quelle più patinate.
“Ore e ore on line a fare cosa? Mistero. È come se lo smartphone l’avesse rapita. Non legge, non parla. Si isola” sembra il mantra ripetuto da tanti genitori, alla disperata ricerca di una vita, per i loro figli, fuori da quel telefono. Una vita che non hanno, forse, neppure più loro. Una vita, però, che Volo è riuscito a ricostruire, affacciandosi alla stessa finestra di Simone, mettendosi in gioco in prima persone. Come? Condividendo lo stesso linguaggio e le stesse esperienze. Facendole da spalla, anche quando la strada curva.