DATASTORIES. Seguire le impronte umane sul digitale
“A volte ci dimentichiamo di essere umani, soprattutto sul digitale. Abbiamo iniziato a chiamare le persone utenti, e le storie contenuti. Ma la verità è che siamo sempre gli stessi, online e offline, con le medesime abitudini, credenze, paure, passioni, stravaganze. La Rete è un eccezionale bacino di linguaggi, usi e costumi da osservare; le community, in particolare, sono i territori più ricchi. Ogni nostra interazione in un ambiente digitale produce dati minuscoli, raccolti poi dagli algoritmi e dalle intelligenze artificiali. Queste tracce prendono il nome di small data: tanto più sono piccole, tanto più acquistano profondità una volta mappate e registrate”.
Alice Avallone fa questo nella vita: osserva – con una discrezione fuori dal comune – quello che accade in rete, in quella rete che per lei è come un tesoro nascosto. Scruta e raccoglie informazioni sui diversi modi di vivere dentro e con il digitale. Studia poi tutti i piccoli indizi scovati e da qui riesce a risalire alle cause, ai veri “perché” di quello che facciamo, pensiamo o proviamo.
Alice Avallone è una ricercatrice di small data, un’etnografa digitale: dalle ultime sue osservazioni, dalla sua capacità d’ascolto e di collegare, in un sistema di senso, attitudini e comportamenti umani è nato “#DATASTORIES. Seguire le impronte umane sul digitale” pubblicato di recente nella collana Tracce, diretta da Paolo Iabichino, di Hoepli.
Il saggio attraversa i social media come se fossero territori abitati e ha una prospettiva rivoluzionaria rispetto a quello a cui siamo abituati, perché parte dal “micro” per arrivare al “macro”. Con uno spirito etico e profondamente relazionale. Umano. E scevro da giudizi. Il digitale, in quest’ottica, viene visto come uno spazio sociale, in cui nascono naturalmente legami e rapporti. E dove trovano applicazione le stesse dinamiche sociologiche e psicologiche della vita offline. Le tecniche di netnografia (cioè di etnografia digitale) però possono portare davvero lontano e avere forti applicazioni nel marteking: la Avallone, ricordando gli studi di Robert V. Kozinets, ne cita alcuni come la percezione di un brand, la composizione delle audience e la nascita di nuovi trend.
“La tecnologia ha cambiato il come comunichiamo, ma non il cosa e il perché. […]. Il vero cambio di passo portato dal digitale è stata la nascita di nuove reti sociali, che sono andate ad aggiungersi a quelle già presenti nel quotidiano delle persone” si legge in #DATASTORIES e proprio per questo si approfondisce il tema delle community, nuove forme tribali.
Il secondo capitolo affronta poi un tema attualissimo: il rapporto tra le generazioni (tra Silent e Alpha) e gli small data disseminati nel digitale: “Dietro a un selfie di una signora di mezza età ci sono perché molto diversi rispetto a un selfie di una teenager, così come intravedere un tablet sulla scrivania di un giovane professionista è diverso da intravederlo sul comodino di un ottantenne”.
Insomma, dietro ogni nostra azione on e offline si nascondono dei significati profondi: i gesti, le esperienze quotidiane e le abitudini, le credenze e i pregiudizi, le emozioni e le percezioni e infine le tensioni culturali sono gli insight individuati dall’autrice e che fanno da porta d’ingresso all’analisi di alcune “tracce del futuro alle porte”. Il testo si chiude con la magia dei dati che diventano storie. Le storie, tra l’altro, fanno parte della vita di Alice Avallone che insegna digital storytelling e travel writing alla Scuola Holden di Torino. Se volete trovarla, digitate “Be Unsocial” sui social: è un una rivista di antropologia digitale aiuta a capire le persone, i perché dietro le loro scelte, che emozioni provano, quali credenze hanno, che linguaggi utilizzano.