Chi sono i city quitters? Il fenomeno in atto nelle città
L’epidemia di Covid ha rivoluzionato quelli che per anni sono stati i modelli di smart city che vedevano il centro delle città come fulcro attrattivo basato su servizi, tecnologia, IoT ma anche sul miglioramento della vita con l’implementazione di soluzioni green.
Il distanziamento sociale, l’aumento dello smart working e le soluzioni di lavoro remotizzato hanno cambiato radicalmente le abitudini dei cittadini che, nel giro di un anno, sono stati costretti a rivedere la propria routine quotidiana.
Le grandi aziende hanno capito che il lavoro da remoto portava dei vantaggi nei dipendenti che, riuscendo a conciliare meglio il tempo tra famiglia e lavoro, aumentavano la loro produttività e, in contemporanea, ottenendo risparmi dovuti al minor utilizzo delle strutture.
Digitale e banda larga, i due elementi decisivi
L’utilizzo di strumenti digitali per poter ricostruire l’ufficio in uno spazio della propria abitazione assieme all’epansione della connessione Internet in fibra ottica, con una copertura piuttosto avanzata nel nostro paese, ha permesso che queste modalità di lavoro agile potessero essere messe in campo per un numero elevato di dipendenti, sia nel settore privato che in quello pubblico. La connessione a Internet, nel nostro Paese, ha dimostrato di reggere anche nei momenti più difficili come il lockdown di tutta Italia che ha messo a dura prova le infrastrutture di rete nazionale tra lavoro e didattica a distanza, dove diversi milioni di utenti ha sfruttato la rete per poter proseguire le proprie attività.
Se posso lavorare da remoto allora perché non farlo da fuori città
Quanto costa la vita in città? Quanto stress si accumula ogni giorno tra spostamenti nel traffico? Quale aria si respira tra palazzi di cemento, file incessanti di automobili che producono inquinamento ambientale e acustico? Molte città, negli ultimi anni hanno attivato progetti di sostenibilità ambientale che, solo in piccola parte, hanno migliorato la vivibilità del territorio.
Questi sono i fattori che stanno spingendo sempre più persone a diventare city quitters, cioè quelli che lasciano la città spostandosi in zone estremamente periferiche, in campagna o in zone montane, ricercando uno stile di vita a contatto con la natura, con ritmi più umani e panorami più rilassanti.
Cosa serve per diventare un city quitter
Innanzi tutto c’è da dire che per diventare un city quitter c’è la necessità di avere un’autonomia lavorativa, quindi i liberi professionisti ma anche i dipendenti di aziende che hanno deciso, a prescindere dall’epidemia di Covid, di modificare i contratti di lavoro promuovendo il lavoro da remoto, sono i principali candidati a questo processo di migrazione che coinvolge principalmente le famiglie. Chi si trasferisce lontano dalla città non lo fa per cambiare lavoro, ma per poter lavorare da un luogo più vivibile, meno stressante, più a contatto con la natura.
Questa migrazione permette, al contempo, di risparmiare danaro acquistando un’abitazione più grande ma meno cara della casa in città e magari potendo coltivare un pezzo di terra per auto produrre frutta e verdura risparmiando e migliorando la propria alimentazione.
Che fine faranno le grandi città?
Come detto in precedenza i modelli di smart city che mettevano al centro la città dovranno necessariamente essere rivisti alla luce di queste nuove tendenze. Con molta probabilità le grandi città diventeranno, sempre di più, zone commerciali, sede dei grandi brand, dove i professionisti si incontrano per trattare un affare, dove le persone confluiscono nei weekend per passeggiare e fare shopping. Città vetrina ad uso esclusivo del business e sempre meno abitate.