Le 5(+1) scoperte scientifiche del 2020 più interessanti secondo Datamagazine.it
Durante tutto il 2020 il Covid ha attirato su di sé tutte le attenzioni, da ogni punto di vista, in particolare da quello scientifico, ciò non toglie però che anche quest’anno la ricerca scientifica è andata avanti, nonostante tutto, ed abbia dato i suoi frutti con scoperte meritevoli di essere ricordate. Noi di Datamagazine.it abbiamo deciso di raccogliere in questo articolo le 5(+1) scoperte scientifiche più interessanti.
Trovato il DNA in un fossile di dinosauro
Gli appassionati di paleontologia dovranno frenare gli entusiasmi, ma tracce di materiale genetico sono state realmente ritrovate in un fossile di hypacrosaurus, dinosauro della famiglia degli adrosauri, vissuto circa 70 milioni di anni fa.
In seguito ad un accurato esame effettuato sul fossile del dinosauro di proprietà del Museo delle Montagne Rocciose, è stata rilevata la presenza di alcune cellule molto ben conservate all’interno di una sezione di tessuto della cartilagine. A questo punto il team internazionale di paleontologi, guidati dalla Dottoressa Alida Bailleul, tramite uno studio avanzato, è riuscito ad isolare alcune cellule e da queste a trovare parte del DNA perfettamente conservato dell’antico esemplare di hypacrosaurus.
“Questi nuovi entusiasmanti risultati si aggiungono alla crescente evidenza che le cellule e alcune delle loro biomolecole possono persistere nel tempo. Suggeriscono che il DNA si può conservare per decine di milioni di anni.” afferma la dott.ssa Bailleul. Certo, la realtà che aveva immaginato Michael Crichton è ancora lontana e forse non si realizzerà mai, ma queste scoperte ci regalano sempre un briciolo di speranza che, prima o poi, i dinosauri in carne e ossa li vedremo davvero.
Anche i volatili pensano
L’uomo si è sempre vantato di essere l’unico animale dotato della capacità di pensiero, poi abbiamo capitato che altri mammiferi sono in grado di sviluppare dei processi mentale, come i primati ad esempio. Eppure molti di noi, avendo l’opportunità di osservare il comportamento degli animali, che fossero rettili, pesci o uccelli, si è convinto che non tutto fosse dovuto all’istinto ma che, in qualche modo, avessero una forma di pensiero rudimentale.
In alcuni casi non vi stavate sbagliando, almeno riguardo i volatili, perché la scienza lo conferma: gli uccelli pensano.
Un gruppo di specialisti delle neuroscienze dell’Università di Tubinga, in Germania, ha dimostrato per la prima volta che dei passeriformi, nello specifico dei corvi, possiedono esperienze soggettive.
Il gruppo, guidato dal prof. Andreas Nieder, ha addestrato due corvi che dovevano segnalare se avevano visto uno stimolo su uno schermo muovendo la testa. La maggior parte degli stimoli erano percettivamente inequivocabili e i due uccelli segnalavano in modo coerente la presenza o l’assenza di questi stimoli.
Ripetendo l’esperimento con stimoli deboli, alla soglia della percezione, i corvi a volte indicavano di averlo visto, mentre in altri casi non reagivano allo stimolo. Mentre i corvi rispondevano agli stimoli visivi, i ricercatori registravano simultaneamente l’attività delle singole cellule nervose nel cervello. “I nostri risultati mostrano in modo conclusivo che le cellule nervose a livelli di elaborazione più elevati del cervello del corvo sono influenzate dall’esperienza soggettiva, o più precisamente, producono esperienze soggettive” spiega il prof. Nieder.
Ciò significa che, in termini di storia evolutiva, le origini della coscienza potrebbero essere molto più antiche. Non solo, più diffuse nel regno animale di quanto non si pensasse in precedenza e che la sua attività non è vincolata alla presenza della corteccia cerebrale.
L’acqua sulla Luna c’è davvero
Non sorprende, il sospetto lo avevamo sempre avuto, adesso ne abbiamo la certezza: sulla Luna l’acqua è presenta nella forma che conosciamo tutti, 2 atomi di idrogeno e uno di ossigeno.
In passato alcune ricerche avevano previsto la presenza di acqua sul nostro satellite, ma la mancanza della strumentazione necessaria non permetteva di verificare se si trattasse di realmente di acqua (H2O) o idrossile (OH).
Ecco che, a fugare ogni dubbio, arriva Sofia – Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy – un telescopio della NASA di oltre 2 metri che, a bordo di un Boeing 747, è riuscito ad analizzare in modo estremamente preciso la superficie lunare confermando la presenza di acqua, se pur incastrata tra le rocce e congelata.
Per gli astronauti questa rappresenta una notizia in grado di cambiare il futuro delle loro missioni poiché potrebbe dare il via ad esplorazioni spaziali a lungo termine, tenendo la Luna come punto intermedio dove fare una sosta per i rifornimenti necessari di acqua e carburante per poi ripartire in direzione di Marte.
La Terra è più vicina a un buco nero di quanto si stimasse
Naturalmente non dobbiamo allarmarci per questa scoperta, infatti parliamo sempre di migliaia di miliardi di Km di distanza, 1000 anni luce per l’esattezza. Il buco nero in questione appartiene al sistema denominato HR6819, nella costellazione del Telescopio, di cui fanno parte anche due stelle.
E’ proprio studiando le orbite di queste due stelle che i ricercatori dell’ESO – European Southern Observatory – si sono accorti della presenza di un terzo corpo invisibile, intorno al quale una delle due stelle effettua un’orbita di 40 giorni. Gli scienziati sono anche riusciti a stimare che la massa del buco nero sia almeno 4 volte quella del Sole.
HR6819 è il primo sistema stellare, con un buco nero, visibile ad occhio nudo dalla Terra.
I funghi porteranno l’uomo su Marte
Potrebbe sembrare il titolo di un libro d’avventura invece una recente scoperta sembra davvero unire la micologia ai viaggi nello spazio aprendo una porta verso il futuro.
Già da alcuni anni è allo studio dei ricercatori una particolare specie di fungo, il Cladosporium sphaerospermum, ritrovato in colonie proprio dentro il reattore di Chernobyl. Questi organismi godono di una proprietà estremamente singolare, sono infatti capaci di eseguire la radiosintesi, processo che, tramite l’utilizzo del pigmento della melanina, permette di convertire le radiazioni gamma in energia chimica, che viene poi utilizzata dal fungo stesso per la sua crescita.
Un team di ricercatori dell’università di Stanford ha pensato bene di sfruttare le caratteristiche di questo organismo come protezione per gli uomini a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, dove le radiazioni da esposizione giornaliera corrispondono a quelle cui si viene esposti per circa un anno sulla Terra, da fonti naturali. Gli effetti del fungo in questo delicato sistema sono stati studiati per 30 giorni ed i risultati sembrano confermare le ipotesi degli scienziati dal momento che gli esemplari sono stati in grado di adattarsi alla microgravità e, oltre ad auto-riprodursi, di bloccare parte delle radiazioni, diminuendone i livelli di quasi il 2%. Questi organismi sono promettenti come mezzo per aumentare la schermatura dalle radiazioni riducendone la massa complessiva, come è obbligatorio per le future missioni su Marte.
Il Cladosporium sphaerospermum rappresenta un ulteriore passo avanti nel cammino dell’uomo verso il Pianeta Rosso.
Rilevato un segnale radio da Proxima Centauri
La scoperta risale allo scorso anno ma è stata tenuta “nascosta” per quasi un anno ed è stata fatta trapelare solo durante il 2020, per questo abbiamo deciso di inserirla come bonus nel nostro breve elenco.
Sicuramente dopo la diffusione della notizia da parte della stampa, molti appassionati di ufologia e cacciatori di alieni, saranno andati in fibrillazione. Purtroppo, sebbene sia una scoperta sicuramente degna di attenzione, è troppo presto per esaltarsi.
Di vero c’è che tra aprile e maggio del 2019 il telescopio australiano Parkes ha captato un segnale radio, proveniente da Proxima Centauri, il sistema solare a noi più vicino. La particolare frequenza del segnale ha indotto gli astronomi del programma Breakthrough Listen Project – che si occupa della ricerca della vita extraterrestre per conto del Seti – ad effettuare delle osservazioni più accurate in quanto non sembra essere partito da un’antenna terrestre.
Ancora oggi gli astronomi non si sono pronunciati sull’origine certa del segnale ed i loro studi sul fenomeno sembra stiano andando avanti. Per il momento non si esclude che effettivamente esso sia giunto da Proxima Centauri ma è molto più probabile che si sia semplicemente trattato di un’interferenza causata da uno dei satelliti in orbita intorno alla Terra, o addirittura da qualcosa di molto vicino al telescopio Parkes. Qualcuno forse ricorderà che qualche anno fa, proprio da questo telescopio, era stato captato un segnale radio che aveva attirato l’attenzione su di sé, in seguito si è poi scoperto provenire dal forno a microonde della sala mensa della struttura.