Sostenere il benessere della forza lavoro distribuita
In questi mesi i dipendenti di tutto il mondo si sono abituati a lavorare in luoghi diversi dall’ufficio, atipici. Per molti di loro, uno di questi è la propria casa, per cinque giorni alla settimana. È un modo di lavorare un po’ forzato, che però si è rivelato vitale per mantenere le aziende in attività. È altamente improbabile che una politica di home working al 100% diventi il futuro del lavoro, ciò che invece risulta più chiaro è che dopo aver dimostrato che il lavoro distribuito “ovunque” – ovvero quello in cui i dipendenti possono lavorare da casa, in ufficio, in un caffè – funziona, esso diventerà più che altro un unico grande “progetto”.
Tuttavia, con la crescente dispersione geografica della forza lavoro, il benessere dei dipendenti diventa un aspetto ancora più critico.
Come possono infatti i responsabili aziendali supportare i dipendenti anche quando manca un contatto diretto con loro? In questo scenario si pongono nuove sfide, come il sapersi destreggiare tra il lavoro e la vita familiare, l’interazione relazionale limitata, la percezione di lavorare più a lungo[1]; capire come i propri dipendenti si sentono, come lavorano e se sono efficienti sono punti focali su cui il management deve concentrarsi.
Aziende come Dropbox hanno già messo il benessere dei dipendenti al centro della strategia aziendale. Investendo sulla tecnologia, stanno diventando “virtual first”, per rendere il lavoro a distanza l’opzione predefinita per implementare giornate lavorative non lineari e strutturate, dando a tutti i dipendenti la libertà di lavorare nel modo che più si addice loro. Attraverso un ecosistema olistico di risorse, l’azienda sarà in grado di monitorare i progressi e di bilanciare gli equilibri personali con quelli dettati dal lavoro a distanza, adattandosi rapidamente in base alle esigenze dei dipendenti e sostenendo in maniera efficace il benessere dei dipendenti da remoto.
Mantenere una forte cultura del luogo di lavoro
La flessibilità di poter lavorare da casa non è di certo qualcosa di nuovo. Quest’anno, però, c’è stato un cambiamento epocale nelle aspettative, con un aumento del 41% della percentuale dei dipendenti in tutta l’area EMEA (percentuale che tocca il 69% in Italia) che ora vede il lavoro a distanza come un prerequisito piuttosto che un benefit. Per molti, tuttavia, l’aumento della pressione e la percezione di dover essere sempre attivi mentre si lavora da casa sono diventati argomenti di conversazione importanti, che richiedono un supporto da parte del management.
I datori di lavoro devono effettivamente incoraggiare i dipendenti a staccare la spina dopo l’orario di lavoro, rassicurando che non serve stare seduti in ufficio per dimostrare di essere produttivi. I manager e i team delle Risorse Umane sono chiamati ad adattare le regole del buon lavorare, garantendo, ad esempio, che i manager non contattino i dipendenti o non inviino e-mail al di fuori dell’orario di lavoro.
Per trattenere i migliori talenti i datori di lavoro devono essere in grado di infondere una cultura positiva di fiducia, in modo che questi si sentano in grado di svolgere il loro lavoro al meglio anche a distanza. Le organizzazioni non dovrebbero ricorrere a software di monitoraggio dei dipendenti che tengono traccia degli output, e invece, ad esempio, dovrebbero organizzare regolari videocall per fare il punto della situazione con i team e raccogliere informazioni sulle loro priorità, sulla produttività e, in generale, su come stanno. L’input da loro fornito è essenziale: le persone devono percepire che la loro voce viene ascoltata. L’aumento di questa fiducia porterà a sua volta un buon risultato. Secondo la nostra ricerca, infatti i dipendenti dichiarano una maggiore produttività (36%) e un aumento del morale (31%) con il lavoro a distanza (dati italiani)1.
La tecnologia è qui e può aiutare
Nel massiccio passaggio al lavoro a distanza avvenuto quest’anno, molte aziende hanno temuto che i team e i sistemi IT non sarebbero stati in grado di far fronte al rapido cambiamento. Tuttavia, in molti casi, la tecnologia ha dimostrato di essere ciò che ha permesso alle aziende di rimanere operative.
Durante il lockdown abbiamo visto le aziende adattarsi rapidamente alle riunioni virtuali, sostituire gli aperitivi di team con quiz online e implementare regolari videocall di aggiornamento. Il passaggio all'”inclusione” digitale ha visto addirittura crescere la fiducia dei dipendenti, con l’85% degli intervistati in Italia che ritiene che le relazioni personali con i colleghi siano migliorate e il 67% che si sente più sicuro di sé nel parlare in videoconferenza. Sebbene gli individui desiderino e richiedano ancora la collaborazione in prima persona e, bisogna ammetterlo, la “stanchezza da zoom”, la cosiddetta “zoom fatigue”, ha iniziato ad affliggere alcuni di noi, questo esperimento globale ha rivelato che la tecnologia è qui per aiutare e che vedremo nascere sempre più soluzioni nuove e innovative per sostenere le aziende nel mantenere viva la cultura lavorativa, nonostante la distanza.
Cominciare con l’avere a disposizione gli strumenti digitali giusti è fondamentale, partendo innanzitutto da applicazioni di lavoro accessibili su qualsiasi dispositivo, e sicure. Si tratta degli stessi strumenti a cui i dipendenti sono abituati in ufficio, ma che devono essere fruibili anche da qualsiasi luogo essi scelgano di lavorare. Tutto questo è ora possibile grazie al software, ed è rassicurante sia per i dipendenti – che possono concentrarsi sul loro lavoro piuttosto che dover imparare nuove tecnologie – sia perché non è più necessaria alcuna latenza nel renderli operativi.
Se pensiamo all’innovazione, le applicazioni basate sull’intelligenza artificiale hanno la capacità di mettere in relazione i dipendenti basandosi, ad esempio, sui loro interessi simili, indipendentemente dal luogo in cui lavorano in un’azienda. Le cuffie di realtà virtuale (VR) possono ad esempio essere utilizzate per consentire ai dipendenti di “partecipare” alle riunioni. I dipendenti potrebbero guardarsi intorno e vedere i loro colleghi seduti accanto, per creare una sensazione di comunità.
Se da un lato queste idee non potranno sostituire di certo l’interazione personale, dall’altro evidenziano la capacità della tecnologia a promuovere una maggiore collaborazione e a supportare la cultura aziendale. Non si tratta di innovazioni futuristiche: la tecnologia per crearle esiste già. Con il ritmo di adozione della tecnologia tra le aziende, non c’è motivo per cui i dipendenti non possano collegarsi tramite l’intelligenza artificiale e partecipare alle riunioni tramite la realtà virtuale, in un futuro molto vicino.
Rimuovere i pregiudizi legati alla geografia
Con la localizzazione geografica che è diventata un aspetto meno “centrale” nel reclutamento, le aziende hanno l’opportunità di trarre beneficio dall’assunzione di talenti sempre più diversi, con competenze sempre più diversificate. I candidati che vivono lontano dagli uffici centrali, senza la possibilità di fare i pendolari, si possono ora candidare a ruoli che un tempo sarebbero stati loro inaccessibili. E se da un lato le aziende ne traggono beneficio, dall’altro devono però anche essere consapevoli delle possibili discriminazioni derivanti dalla lontananza geografica e dall’impatto che questa può avere sul benessere dei dipendenti.
La discriminazione generata dalla localizzazione può verificarsi quando un dipendente, magari meno benestante, non può raggiungere l’ufficio. Un collega che invece dispone di un appartamento vicino a questo può raggiungerlo quando vuole, entrare in contatto con il proprio responsabile e creare forti legami personali. Nel corso del tempo, questo può avere conseguenze per entrambi i dipendenti. Il collega vicino all’ufficio potrebbe essere favorito per una promozione, dato che è la prima persona a cui si potrebbe fare riferimento durante il processo decisionale. Il collega che invece vive lontano può essere in grado di ottenere gli stessi risultati, e, poiché non è presente fisicamente, potrebbe essere svantaggiato.
Per combattere queste potenziali discriminazioni legate alla posizione, è importante che vengano messi in atto controlli così come gestiti gli equilibri. Il management deve essere in grado di valutare i dipendenti in modo equo, indipendentemente dal luogo in cui abbiano scelto di lavorare. Non farlo potrebbe creare una situazione in cui le persone si sentono costrette al pendolarismo, con un impatto negativo sul loro benessere e un aumento dello stress. Per trarre realmente beneficio da questa nuova “diversity” di talenti distribuita, le aziende devono garantire che il loro supporto si estenda anche a coloro che non possono vivere vicino al loro ufficio, e prevenire così attivamente che distorsioni del genere diventino un problema.
Il futuro è flessibile
Che ci piaccia o no, il futuro del lavoro è cambiato, insieme alla crescente consapevolezza che una forza lavoro distribuita possa realmente funzionare. I datori di lavoro hanno la responsabilità di garantire che tutto questo funzioni al meglio, sia per l’azienda che per i dipendenti. Le realtà aziendali che danno priorità al benessere dei propri collaboratori ottengono risultati migliori nei team, le cui risorse che realizzano un buon equilibrio tra lavoro e vita privata, hanno fiducia dei propri datori di lavoro e continuano a rimanere in contatto con i colleghi saranno meglio equipaggiati per essere più efficienti. Se le aziende desiderano trarre beneficio dal lavoro distribuito e ottenere il meglio dai propri team, il benessere dei dipendenti deve venire prima di tutto.